Donne in uscita dalla violenza: il Reddito di dignità non sfonda

In Puglia il “Reddito di dignità” è ancora uno strumento poco congruo alle esigenze delle donne che hanno subìto violenza. Lo denuncia ActionAid in un report intitolato “Diritti in bilico”, che analizza le risorse regionali impiegate a sostegno delle donne attraverso le testimonianze di circa 100 rappresentanti di strutture di accoglienza, servizi territoriali ed enti pubblici dedicati alle vittime. A parlare sono i numeri: secondo i dati regionali dal 2018 al 2022 soltanto 451 donne – tutte senza alcun titolo di studio – hanno usufruito del ReD. Una cifra lontana dalla potenziale platea beneficiaria che conta circa 950 donne l’anno.

La Regione Puglia ha introdotto il “Reddito di dignità” con una legge regionale nel 2016, come misura di contrasto alla povertà assoluta. Le donne in fuoriuscita dalla violenza sono state incluse a partire dal luglio 2018, prevedendo un percorso differenziato di accesso alla misura: non è richiesta loro la presentazione dell’Isee e non è imposto l’obbligo di seguire un percorso di attivazione lavorativa per l’ottenimento del supporto economico. Il contributo mensile previsto dal ReD è di circa 400 euro per un massimo di 12 mesi rinnovabili dopo un periodo di sospensione. La domanda può essere inoltrata solo attraverso i Servizi sociali professionali, anche su segnalazione di un centro antiviolenza territoriale. L’unico criterio previsto, infatti, è essere prese in carico da una struttura di accoglienza o dai servizi sociali professionali. Ma nonostante l’introduzione di criteri agevolati, il ReD risulta essere poco rispondente ai bisogni delle donne non autonome dal economicamente e che si ritrovano fuori dal mondo del lavoro. Nel tacco di Italia dal 2018 al 2022 sono stati stanziati 2,1 milioni di euro a fronte di 157 su scala nazionale, che si traducono in 54 euro circa al mese per ogni donna. Fondi definiti da ActionAid “insufficienti” a coprire le richieste e a sostenere coloro che spesso non riescono a produrre una dichiarazione Isee separata da quella del maltrattante, né tantomento ad accedere ad altre misure contro la povertà di supporto alle famiglie in difficoltà.

«Per vivere una vita libere dalla violenza le donne hanno bisogno di un reddito sufficiente una casa sicura, un lavoro dignitoso e servizi pubblici funzionanti: diritti fondamentali che le istituzioni italiane non sono in grado di garantire a tutte e in tutti i territori. Il rischio è di far tornare le donne, spesso con figlie e figli, dagli autori di violenza, vanificando il loro percorso verso l’autonomia. Quanto tempo ancora le migliaia e migliaia di donne che hanno subito violenza dovranno aspettare prima di poter beneficiare di politiche e servizi strutturali che rispondano alle loro esigenze? Al Governo chiediamo per l’ennesima volta di adottare politiche integrate e strutturali coinvolgendo tutti i Ministeri e gli uffici competenti», è l’appello di Isabella Orfano, esperta diritti delle donne di ActionAid.

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