Discoteche, locali e teatri in crisi: «Così chiudiamo. Sono a rischio 2.500 persone»

L’ultimo decreto del Governo mira a salvare le festività. Chi teme questa volta, però, di non riuscire proprio a salvarsi sono i gestori delle discoteche e dei locali. Lo stop a tutte le sale da ballo fino al 31 gennaio ha gettato nello sconforto una categoria particolarmente colpita, in questi due anni, dai provvedimenti anti covid. Solo in Puglia impiegavano, fino al 2020, 2500 lavoratori diretti (quelli indiretti erano più del doppio). Più di cinquanta attività delle quali, però, molte hanno già chiuso i battenti. In vista del Capodanno quasi tutte le strutture avevano già bloccato gli artisti.

«Noi li abbiamo anche pagati – racconta Roberto Maggialetti, titolare della discoteca “Divine Follie” e componente del Silb-Fipe, l’associazione che riunisce gli imprenditori delle sale da ballo -. Il decreto del Governo è uno schiaffo all’intera categoria. Sembra che da due anni il Covid si celi solo nelle nostre attività». Maggialetti si sofferma soprattutto sul danno economico. «Per organizzare il Capodanno ognuno di noi ha preso impegni con dei fornitori – afferma -. Non si può prendere una decisione del genere con così poco preavviso. Le conseguenze economiche non graveranno solo su di noi ma sull’intera filiera. Intorno alla mia attività ruotano circa 150 lavoratori. Negli ultimi due anni in tanti hanno chiuso». Secondo Roberto Maggialetti lo stop delle discoteche favorirà l’abusivismo. «Fermano noi che siamo autorizzati e avremmo potuto garantire i controlli – ha sottolineato – e le persone si stanno organizzando nelle ville private. Lì chi potrà controllare? Noi, invece, ci stavamo attrezzando anche per fare i tamponi. Nella mia struttura stavo predisponendo un hub con dieci postazioni». È sui ristori, però, che secondo Maggialetti si palesano le contraddizioni più significative. «Perché non stanziano prima gli aiuti e poi i provvedimenti di chiusura delle attività? Passeranno mesi prima di vedere dei soldi. Molte altre imprese non riusciranno a sopravvivere».
Non solo discoteche
Le sale da ballo non sono le sole imprese che pagheranno un costo altissimo con l’entrata in vigore delle nuove regole. Tutto ciò che ruota intorno alla musica e agli eventi verrà condizionato. È il caso, ad esempio, dello Spazioporto di Taranto, una struttura innovativa che intreccia eventi dal vivo con la convivialità. «Abbiamo dovuto bloccare gran parte della programmazione di gennaio – afferma Giovanni Raimondi, direttore di produzione -. Tutta questa attenzione sul nostro settore ci fa sentire quasi illegali. Mi sembra di vivere al tempo del proibizionismo in America, solo che noi lavoriamo con la cultura e non con il whisky». La piccola fortuna dello Spazioporto è che è riuscito a riconvertirsi a teatro. «In questo modo stiamo salvando parte della programmazione – afferma sempre Raimondi – ma con capienza dimezzata. Tutti i dj set sono stati annullati. Se lo stop perdurerà fino a marzo inevitabilmente dovremo rivedere anche i contratti di lavoro».
Teatri e cinema, niente bar
Sono stati risparmiati dalla chiusura anche i teatri e i cinema. Questo non vuol dire, però, che non andranno in sofferenza. Gli spettatori dovranno indossare le Ffp2 e avere il greenpass. Fin qui il disagio è relativo. Ad intaccare direttamente l’incasso è invece il limite ai bar: niente bevande o pop corn mentre si assiste allo spettacolo. Potranno essere consumati solo nel foyer. Rimanendo sempre a Taranto, il teatro e cinema Orfeo è il punto di riferimento storico per la vita culturale della città. «Per noi il bar rappresenta il 15-20% dell’incasso – afferma Adriano Di Giorgio, proprietario e direttore artistico del teatro -. Non si è mai vista tanta celerità nel Governo: il 23 dicembre hanno votato il Decreto in Consiglio dei ministri, il 24 era già stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale ed era entrato in vigore. Cosa dovremmo fare di tutti i prodotti che rimarranno invenduti?». Di Giorgio si sofferma anche sull’aspetto psicologico che riguarda lo spettatore. «Le persone erano restie a venire agli spettacoli dopo gli ultimi due anni – prosegue -, con questo provvedimento sarà tutto ancora più complicato. Eppure le sale sono luoghi sicuri. Noi abbiamo anche provveduto a installare un sistema di ventilazione che immette in continuazione aria nuova, senza ricircolo».
Non verrà rivista la programmazione né del teatro né del cinema. «Andremo avanti – conclude Di Giorgio -. La nostra speranza è che sempre più gente si convinca a fare il vaccino. Servirebbe l’obbligo di lockdown per chi non lo fa, come in Germania. Poche persone non possono condizionare una intera comunità».

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