Disastro ferroviario sulla Andria-Corato in cui morirono 23 persone: domani la sentenza

A quasi sette anni dal disastro ferroviario, avvenuto sulla tratta Andria-Corato delle Ferrovie del Nord Barese (gestita da Ferrotramviaria) in cui hanno perso la vita 23 persone e altre 51 rimasero ferite, potrebbe essere emessa domani dal Tribunale di Trani la sentenza del processo. Era il 12 luglio 2016.

Lo scontro frontale tra i due treni è stato determinato, secondo l’accusa, da un errore umano e da mancati investimenti per la sicurezza: l’ET1016 proveniente da Corato, e l’ET1021 proveniente da Andria viaggiavano su un binario unico alternato regolato col sistema del blocco telefonico, ritenuto dal pm Marcello Catalano «non sicuro ed obsoleto». Un sistema in base al quale i capistazione si scambiano dispacci per autorizzare la partenza dei treni verso la stazione successiva.

Dalla stazione di Andria fu concesso alle 10.45 il via libera per la partenza dalla stazione di Corato dell’ET1016 e, senza aspettare l’arrivo di questo convoglio nella stazione di Andria, fu fatto partire alle ore 11:00 l’ET1021 verso Corato. L’impatto ad alta velocità tra i due convogli fu inevitabile. Dopo la strage, la circolazione sulla tratta fu bloccata ed è ripresa solo il 3 aprile scorso.

I binari ora sono due e sono dotati di moderni sistemi di sicurezza automatizzati. Il pm ha chiesto 15 condanne a pene comprese tra i 12 e i 6 anni di reclusione e un’assoluzione. Ai vertici della società sono contestate una serie di violazioni dei doveri di coordinamento, organizzazione, direzione e controllo che avrebbero contribuito al verificarsi del disastro ferroviario.

Per Ferrotranviaria è stata chiesta la sanzione amministrativa di 1,1 milioni, oltre alla revoca delle autorizzazioni, licenze e concessioni per l’esercizio dell’attività (fra cui il certificato per la sicurezza) per un anno, oltre alla confisca di 664 mila euro, somma che, secondo l’accusa, la società avrebbe dovuto investire per mettere in sicurezza la tratta con la realizzazione e l’uso del blocco conta assi sulla Corato-Barletta. Accuse che sono respinte dalle difese, secondo le quali Ferrotranviaria ha sempre operato all’interno delle regole mettendo la sicurezza del servizio al centro delle sue scelte.

Nel processo sono contestati a vario titolo i reati di disastro ferroviario, omicidio e lesioni colpose plurime, rimozione e omissione colposa di cautele contro gli infortuni e falso. Nello specifico sono stati chiesti 12 anni per Enrico Maria Pasquini, all’epoca dei fatti al vertice di Ferrotramviaria; stessa pena per Massimo Nitti, direttore generale di Ferrotramviaria, e per Michele Ronchi, direttore di esercizio della società. Nove anni per Giulio Roselli, dirigente a capo della divisione infrastruttura; sei anni per Nicola Lorizzo, capotreno sopravvissuto allo scontro, per Francesco Pistolato, dirigente coordinatore centrale, Vito Mastrodonato, dirigente della divisione passeggeri, macchinisti e capitreno, Francesco Giuseppe Michele Schiraldi, a capo unità organizzativa tecnica, Tommaso Zonno, della divisione passeggeri, Giandonato Cassano, ferroviere e istruttore, Virginio Di Gianbattista, all’epoca dirigente del Ministero delle Infrastrutture, Alessandro De Paola, direttore Ustif (Ufficio speciale trasporti a impianti fissi), Pietro Marturano anch’egli direttore Ustif.

Infine sette anni per omicidio colposo e falso in atti pubblici per Vito Piccarreta, capostazione in servizio ad Andria, e per Alessio Porcelli il capostazione di Corato. Il pm ha inoltre chiesto, per non avere commesso il fatto, l’assoluzione di Antonio Galesi, responsabile dell’unità movimento stazioni.

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