Bari è tra le città italiane che spendono di meno per il diritto allo studio. Secondo l’ultimo report della fondazione Openpolis, tra i centri con più di 200mila abitanti il capoluogo pugliese è terzultimo in Italia con una spesa inferiore ai 70 euro pro capite.
Si tratta di una situazione che, tuttavia, riguarda tutt’e quattro le grandi città del Sud. Dai bilanci comunali relativi all’anno 2020 emerge infatti come al Meridione solo Napoli, comunque quart’ultima, faccia meglio della città di San Nicola con una spesa di 77,20 euro a testa contro i 69,48 di Bari, che comunque spende in assoluto quasi 21 milioni e 800 mila euro all’anno. Peggio di Bari, invece, fanno solo Messina e Palermo, rispettivamente ultima e penultima con 28,04 e 52,57 euro. Le città che spendono di più sono tutte al Nord: Verona spende 184,35 euro, Milano 173,24 e Trieste 172,38. Nel mezzo si trovano Bologna, Roma, Torino, Venezia, Firenze, Genova e Padova, con una spesa che va dai 98,95 ai 168,68 euro pro capite. Assente Catania perché, al momento della pubblicazione del report di Openpolis, non sono risultati accessibili i dati del bilancio consuntivo preso in esame.
Vero che la scuola è materia di competenza nazionale, ma i comuni nei loro bilanci possono prevedere interventi di manutenzione locale ed elargire borse di studio. Tra l’altro la riduzione dell’abbandono scolastico è un obiettivo che era stato inserito anche all’interno dell’agenda Europa2020: il fine era quello di arrivare, entro il 2020, a ridurre del 10% gli abbandoni scolastici negli stati europei. Secondo le ultime stime la quota di giovani italiani che hanno lasciato la scuola prima del tempo sarebbe diminuita dal 18% del 2011 a circa il 13% attuale. Un valore, però, «che risulta ancora elevato rispetto a quello di altri stati membri», come si legge nel rapporto Openpolis. E proprio in quest’ottica i comuni possono fare la loro parte, soprattutto se si pensa che la formazione scolastica rientra in una delle 23 “missioni” di spesa presenti nei loro bilanci. Al suo interno ci sono infatti gli esborsi destinati ai servizi ausiliari (trasporto, mense e alloggi) e agli interventi per il diritto allo studio come buoni libro e borse di studio.
Oltretutto, per quel che riguarda le loro competenze, le amministrazioni comunali possono intervenire per la manutenzione e la gestione delle strutture, oltre ad avere un ruolo anche nella formazione del personale. Da questa voce del bilancio sono tuttavia escluse le spese per la gestione degli asili nido, inserite all’interno della missione dedicata alla politiche culturali.
In Puglia, ad eccezione di Brindisi che spende 77,19 euro pro capite, Bari è la città capoluogo di provincia che spende di più: Foggia, Lecce e Taranto si attestano rispettivamente sui 64,72, 55,03 e 45,32 euro a testa. Nella Bat Trani è quella che spende meno di tutti (34,65 euro), mentre Barletta e Andria si attestano sui 37 euro circa. Se si estende l’analisi a tutta la penisola, il capoluogo pugliese spende meno della media nazionale, pari a 94,24 pro capite. Le amministrazioni che mediamente spendono di più sono tutti territori autonomi come la Valle d’Aosta, la provincia di Bolzano e il Friuli Venezia Giulia. I valori più bassi sono, ancora una volta, ottenuti dai comuni pugliesi, molisani e siciliani.