Rinviato il razionamento di acqua per usi agricoli in Puglia. Lo ha stabilito ieri il tavolo tecnico regionale presieduto dall’assessore regionale all’Agricoltura, Donato Pentassuglia, insieme ad Autorità di bacino, Acquedotto pugliese, consorzi di bonifica Terre d’Apulia e società statale Acque del Sud. La situazione resta molto critica, con invasi a secco e livelli di approvvigionamento ai minimi storici. Il quadro più critico si registra nella provincia Bat nei comuni di Canosa, Loconia, Minervino, ma anche in provincia di Taranto fra Castellaneta e Ginosa.
La soluzione
Ciononostante dal vertice, a cui ha preso parte anche rappresentanti della Prefettura della Bat, è spuntata una soluzione ponte in attesa delle piogge o di altre soluzioni. Per compensare la crisi idrica i soggetti presenti hanno chiuso un accordo che prevede un prelievo straordinario dal fiume Tara di circa 1,2 milioni di metri cubi d’acqua onde sopperire al fabbisogno agricolo delle coltivazioni della sesta provincia. In particolare, il Tara ha una capacità di 24 milioni di metri cubi di cui 22 per uso potabile. Da qui l’idea di utilizzare il quantitativo in surplus attingendo 1,2 milioni sui 2 milioni disponibili. L’operazione sarà gestita da Acquedotto pugliese e, per il momento, eviterà il razionamento dell’acqua nelle campagne.
Le prospettive
Tuttavia la stretta non è del tutto scongiurata e tutto dipenderà dall’evolversi della situazione nelle prossime settimane. Non a caso il tavolo tecnico è stato aggiornato a fine agosto. Il consorzio di bonifica unico, dal canto suo, ha assicurato il potenziamento dei prelievi dai pozzi artesiani con controlli straordinari contro i furti di acqua dalle condotte. Veri e propri atti di pirateria che stanno accadendo in una fase di pre-emergenza idrica.
«Siamo moderatamente soddisfatti del risultato – dichiara l’assessore Pentassuglia – ma la situazione resta molto delicata, da anni la Puglia non si trovava alle prese con una siccità così grave. Paghiamo lo scotto di opere idriche progettate e mai realizzate, il mancato completamento degli impianti per il riuso dei reflui dei depuratori, senza contare i fondi stanziati, circa 350 milioni di euro, per la costruzione di tre dissalatori che non sono mai partiti».
I fondi Fsc
Da qui la necessità di sfruttare il via libera del governo centrale ad un’anticipazione dei fondi Fsc per le infrastrutture idriche da 307 milioni di euro che serviranno ad appaltare opere urgenti per aggiustare condotte, tubazioni, impianti di sollevamento ed altre infrastrutture ammalorate che da anni richiedono manutenzione ordinaria e straordinaria. Resta da capire come mai in una regione sitibonda, da sempre non autosufficiente e costretta a chiedere acqua a Campania, Basilicata e Molise, non abbia mai avuto il buon senso di avviare un piano straordinario di interventi per il settore delle infrastrutture idriche.