Arrivare in Italia a quattordici anni, senza una famiglia, senza una casa, senza parlare la lingua. E cinque anni dopo, come in un frame cinematografico, ritrovarsi impiegata in un’azienda importante. Con una casa, parlando italiano, regolarmente assunta. Inserita, felice. È il lieto caso di Janine – nome di fantasia – e del suo percorso all’interno della comunità educativa per minori “Il Fazzoletto” di Foggia, della Fondazione Siniscalco Ceci-Emmaus.
«È diventata foggiana – racconta Antonio De Maso, direttore della Fondazione – perché ha potuto sperimentare una crescita personale e successivamente professionale, rendendosi sempre più autonoma: noi non facciamo solo prima accoglienza, non diamo soltanto la casa, ma attiviamo un percorso educativo che ha ricadute sul territorio».
Janine nel 2019 ha terminato il corso di alfabetizzazione in lingua italiana come seconda lingua e nel 2020, maggiorenne, ha conseguito il diploma del primo ciclo di Istruzione secondaria. Successivamente, prendendo parte al programma regionale “Garanzia Giovani”, ha avuto la possibilità di svolgere alcuni tirocini professionalizzanti. Al termine del periodo formativo è stata assunta come addetta alle vendite nella grande distribuzione, con ruoli di responsabilità, proprio nell’azienda in cui ha svolto il suo ultimo tirocinio.
«Grazie al suo radicamento nel territorio – continua De Maso – la Fondazione attiva una filiera di servizi in grado di dare prospettive ai minori non accompagnati che entrano nelle nostre strutture. Quella di Janine è una storia di riscatto che proviamo a costruire ogni giorno con tutti gli ospiti. Le nostre comunità sposano la pedagogia salesiana di Don Bosco, in un’ottica di accoglienza incondizionata e di prevenzione alla devianza: crediamo nel potenziale di ogni persona affinché i ragazzi siano i reali protagonisti dell’azione educativa».
I minori che entrano nei tre centri dedicati provengono da esperienze familiari estremamente critiche: di recente, sono sempre di più coloro i quali hanno genitori in stato di detenzione. Altrettanto numerose, inoltre, le situazioni legate alle dipendenze, senza tralasciare le nuove povertà. I volontari e professionisti impegnati in questi percorsi hanno l’opportunità di seguire gli ospiti anche da maggiorenni, fino al ventunesimo anno di età: «il nostro “Gruppo Appartamento” – conclude Antonio De Maso – serve proprio a questo: i ragazzi più grandi vivono insieme, in co-housing, come fossero universitari. È utile per renderli sempre più autonomi, anche dal punto di vista abitativo».