Con la cultura si mangia? Sì ma più al Nord che al Sud: Lombardia al top. L’analisi

Ricordate la frase, tradizionalmente attribuita all’ex ministro Giulio Tremonti, secondo la quale con la cultura non si mangia? Beh, niente di più falso. Anzi, proprio cultura e creatività, bellezza e qualità possono aiutare l’Italia a vincere le sfide dell’economia. Per comprenderlo basta leggere i dati contenuti nel dossier “Io sono cultura”, annualmente stilato da Fondazione Symbola e Unioncamere in collaborazione con l’istituto Tagliacarne: il settore culturale vale circa cento miliardi di euro e offre lavoro a quasi un milione e mezzo di persone in tutto il Paese ma, nella top ten delle regioni capaci di trarre più ricchezza dalla cultura, svettano Lombardia e Lazio con Campania e Puglia che non vanno oltre il settimo e nono posto. Segno che, pure in questo settore strategico dell’economia nazionale, il divario tra Nord e Sud è ancora troppo ampio.

Partiamo, comunque, dalle buone notizie. Dopo la crisi legata al Covid, il sistema produttivo culturale e creativo è protagonista di una forte ripresa. Le attività “core” producono 52,7 miliardi, cioè il 7,2% in più rispetto al 2021, e gli occupati toccano quota 852mila, in aumento del 3,3%. A generare la ricchezza più consistente, però, sono le attività “creative driven”, capaci di produrre 42,8 miliardi, cioè il 6,4% in più rispetto al 2021; in quest’ambito gli occupati sono 639mila e fanno registrare una crescita del 2,5%. Complessivamente, nella filiera operano più di 275mila imprese, pari quasi al 2% in più rispetto al 2021. E non bisogna dimenticare che la cultura è un fondamentale attivatore dell’economia, nel senso che per ogni euro di valore aggiunto prodotto dalle attività culturali e creative se ne attivano altri 1,8 in settori economici diversi come quello turistico, dei trasporti e del Made in Italy, per un valore pari a 176,4 miliardi. In totale, culturale e creatività, direttamente e indirettamente, generano valore aggiunto per circa 271,9 miliardi, cioè il 15,9% dell’economia nazionale.

Ma quali sono le regioni maggiormente “specializzate” nella cultura e nella creatività? La Lombardia è quella che genere il più alto valore aggiunto nell’ambito del sistema, con 26,4 miliardi di euro pari e oltre 353mila addetti. Il Lazio, con Roma come suo principale centro turistico e culturale, fa registrare un valore aggiunto di 14,4 miliardi e 197mila addetti. Oltre a primeggiare in termini assoluti, Lombardia e Lazio mostrano anche una maggiore specializzazione culturale e creativa e, in questa speciale graduatoria, precedono Piemonte, Friuli-Venezia Giulia, Veneto e Toscana.

Sebbene dotate di grandi attrattori e di una forte propensione alla cultura e alla creatività, le regioni meridionali restano molto indietro rispetto a quelle del Nord. Se si analizza la classifica dei territori dove il sistema produttivo culturale e creativo genera il valore aggiunto più consistente, infatti, si nota come le prime sei posizioni siano tutte appannaggio di regioni centro-settentrionali e cioè Lombardia, Lazio, Veneto, Piemonte, Emilia-Romagna e Toscana; bisogna scorrere fino al settimo posto per trovare la prima regione meridionale e cioè la Campania, capace di produrre quasi 4 miliardi e 700 milioni di euro, seguita da Sicilia e Puglia, rispettivamente con quasi 3,2 e 2,8 miliardi. Stesso discorso se si analizzano le province: la top ten è guidata da Milano e Roma e completata da località centro-settentrionali, eccezion fatta per Napoli che si piazza al quarto posto per quanto riguarda sia il valore aggiunto sia l’occupazione prodotta. Dopo il capoluogo campano, forte dei propri attrattori culturali ma anche di quelli di Pompei e la penisola sorrentina, bisogna arrivare al 16esimo posto per scorgere un’altra provincia meridionale nella classifica relativa al valore aggiunto: si tratta di Bari che, tuttavia, si piazza al 12esimo posto nella graduatoria basata sui posti di lavoro prodotti. Insomma, la cultura è uno dei principali volani dell’economica nazionale, ma tra il Nord e il Sud dell’Italia emerge una differenziazione ancora troppo netta.

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