Sara Ciafardoni è un urlo di vita e lo grida nelle istituzioni. Nella sala Nassirya del Senato la scrittrice di Cerignola ha presentato il suo libro, La ragazza che scrive, ma soprattutto ha imposto anche alla politica il tema della diversabilità. Con il piglio, consueto, di una donna di rango superiore, nonostante abbia appena compiuto diciott’anni e preso la maturità scientifica con 100 centesimi, Sara racconta la sua storia interrogata da Claudia Gerini e sostenuta da Albano Carrisi.
Nel corso del dialogo, indica la traccia a tutti, non solo a chi vive una condizione di sofferenza estrema come lei, affetta da una particolare e rara spina bifida, per «comprendere il dolore. Io non ho una vita di quantità e così capisco le piccole cose. Il dolore non è mai un amico, ma può diventare un maestro». Sempre con la guida dell’attrice che legge passi del volume, Sara racconta che «dalla lettura sono passata alla scrittura perché nei libri non trovavo la mia storia. Così mi sono liberata ed è proprio questo lo scopo del mio scrivere».
È una lezione quella di Sara nelle stanze del potere che spesso affronta i temi della sofferenza fisica e della diversabilità riducendo a burocrazia quella che invece per tanti è “vita”, come afferma la scrittrice. Tanto che rinnova il suo impegno, stimolata dal conduttore Agostino Iovino, «a proseguire la presenza nelle scuole per parlare con i ragazzi». Ma chi è nel profondo “La Ragazza che scrive”? Chiede Gerini: «sono io e Lucia – la protagonista del volume -si chiama così perché ha paura della luce, ma per quanto il buio esiste, noi dobbiamo sempre coltivare la luce, anche nel dolore».
Le parole di Sara sono torrente impetuoso nell’ovattato ambiente della Camera alta e lo conferma Antonio Guidi, l’ex ministro della famiglia nel secondo governo Berlusconi, e portatore di una pesante condizione di compromissione fisica, affermando che «non bisogna mai arrendersi».
La giovane cerignolana affascina e coinvolge perché da quel letto dove è spesso costretta si apre al mondo e come i suoi due grandi amici Bebe Vio con la scherma e Andrea Bocelli con la voce, la sua arma «è la penna». Una biro – o una tastiera – che scivola vorticosa nelle vene della vita. Accompagnata come sempre dalla sua famiglia, da mamma Isabella e papà Sandro, ma soprattutto dalla sorella Adriana, a cui dedica la chiosa finale ad una domanda sempre dell’attrice romana: «il mio sogno è la sua felicità», la scrittrice cerignolana ha così fermato un altro tassello alla sua “missione”, come afferma il tenore ligure, e cioè quella di dire a tutti, usando una metafora sportiva, «che sbagliare una partita non vuol dire aver perso il campionato”. Una missione che riparte nelle istituzioni. Sara non può stare in piedi, non può camminare, non può correre, ma “vola” con le parole, quelle “di Una ragazza che scrive».