Caso Cospito, parla l’avvocata Calia: «Il 41-bis va abolito. Viola i diritti umani»

È chiara Caterina Calia, avvocata di Anna Beniamino, condannata assieme a Cospito per l’attentato di Fossano. «Il 41-bis – dice all’Edicola del sud – va abolito, perché viola la Costituzione e i diritti umani».

Avvocata, quando e perché nasce il regime del 41bis?

«Per avere un quadro chiaro occorre recuperare le redini dalla fine degli anni ‘70. È l’epoca delle leggi d’emergenza, applicate nei confronti delle organizzazioni combattenti di sinistra. Queste leggi speciali, però, non sono mai state smantellate. L’articolo 90, applicato dal 1980 al 1986, viene abolito, ma al suo posto viene introdotto il 41bis, regime applicabile solo nei casi in cui fosse messa in pericolo la sicurezza delle carceri e per il tempo strettamente necessario o riportare l’ordine all’interno. Nel ‘92, a seguito delle stragi di Capaci e Via D’Amelio è stato inserito un secondo comma che prevede la sospensione di tutte le regole penitenziarie ordinarie nei confronti di appartenenti alla criminalità organizzata asseritamente per recidere i collegamenti con le cosche di appartenenza. Tutto ciò avrebbe dovuto avere una durata limitata, ma di proroga in proroga ci sono detenuti che sono sottoposti a questo regime di tortura da 20 e addirittura 30 anni. Si trattava di misure speciali ed eccezionali che invece sono entrate stabilmente nell’ordinamento e che di fatto hanno smantellato lo stato di diritto liberale».

Eppure, c’è chi pensa sia stato fondamentale per combattere la criminalità organizzata e che, in questo senso, sia necessario ancora oggi.

«Quando la norma fu introdotta in tanti hanno creduto alla sua necessità, soprattutto nell’ottica di recidere i rapporti che il supposto associato avrebbe potuto continuare a intrattenere con l’organizzazione di appartenenza. Però, anche da questo punto di vista potrebbero essere sollevate obiezioni. Anzitutto, se la finalità fosse davvero solo quella di recidere tali rapporti basterebbe applicare particolari cautele e forme di controllo per un periodo limitato, in quanto anche il più pericoloso dei boss nel tempo viene comunque sostituito, i suoi compiti vengono assunti da qualcun altro come succede in qualsiasi attività imprenditoriale non solo di tipo illecito, ma anche di tipo lecito. D’altra parte, sin dall’inizio, il 41 bis è servito solo come strumento di coartazione per costruire pentiti e ciò in violazione dei più basilari principi di diritto. Pensiamo a quel che è accaduto a Pianosa, una vera e propria isola di tortura, che ha prodotto, guarda caso, tantissimi pentiti, veri o presunti, come molte vicende hanno successivamente accertato».

E quindi, cosa fare di questo istituto?

«Il 41-bis nega ogni diritto umano. La detenzione ordinaria, per giunta, già prevede diversi circuiti penitenziari, a esempio quello di alta sicurezza, in cui vengono, o possono essere utilizzati, tutti gli strumenti di controllo necessari. Il 41-bis ha una funzione meramente afflittiva non solo per i detenuti, ma anche per i loro familiari, mogli, figli, genitori che spesso per decenni o per tutta la vita non possono abbracciare il proprio congiunto. Credo fermamente che sia un istituto irriformabile e che vada eliminato definitivamente, perché collide con la Costituzione e con l’idea rieducativa della pena».

E in che modo auspica venga fatto?

«Io credo sia assolutamente necessario far conoscere all’opinione pubblica ciò che concretamente è il 41 bis e le condizioni di vita inumane a cui sono sottoposti quelli che ci finiscono dentro. Uno stato democratico dovrebbe rendere trasparenti le condizioni di vita di tutti i detenuti e a maggior ragione di quelli ristretti in un circuito dove vengono violati i più basilari diritti umani. Gli stessi parlamentari, anziché blaterare nei salotti televisivi, dovrebbero richiedere a gran voce l’istituzione di una commissione d’inchiesta indipendente per verificare le terribili condizioni di vita e i danni permanenti provocati da tale regime a uomini e donne che vi sono ristretti da anni. Ma, al contrario, nel 2009 è stato addirittura sottratto ai tribunali territoriali la possibilità di decidere sui reclami dei ristretti in 41-bis ed è stato affidato tale compito a un tribunale speciale per tutto il territorio nazionale, così da rendere uniformi tutte le decisioni».

Il dialogo avvenuto tra Alfredo Cospito e il killer della ‘ndrangheta Francesco Presta hanno portato parte dell’opinione pubblica a convincersi che il 41-bis sia la formula adatta anche per l’anarchico. È così?

«Di cosa possono parlare due detenuti al 41-bis, se non del 41-bis? Questo è avvenuto tra i due, niente di più. E se già il 41-bis priva di qualsiasi diritto umano, commissariare l’unica ora di socialità concessa a questi detenuti è il colpo definitivo allo stato di diritto. Un Paese civile dà la possibilità anche ai detenuti di esprimere le proprie opinioni. Nemmeno il Fascismo era arrivato a impedirlo, basti pensare a Gramsci, che in cella ha prodotto i “Quaderni dal carcere”. Oggi sarebbe assolutamente impossibile».

E allora perché continuare a tenere Cospito al 41-bis?

«Abbiamo un sistema che costruisce nemici e utilizza il 41-bis per distruggerli, non per recidere i legami con l’organizzazione di appartenenza. Nel caso di Cospito non c’è alcuna organizzazione all’esterno. Stiamo parlando di un anarchico individualista, che rifiuta qualsiasi forma organizzativa. Anche il processo che lo ha riguardato ha dimostrato che la cosiddetta Fai (Federazione anarchica informale, ndr) è un metodo, non un’organizzazione. Questo dimostra anche che il carcere duro è diventato tutt’altro. Viene applicato a Cospito, come anche a tre brigatisti al 41 bis da 18 anni, nonostante quell’organizzazione non dia più segni di vita da 20 anni».

Lei ha difeso Anna Beniamino, condannata assieme a Cospito per l’attentato di Fossano. Come mai non è stata reclusa anche lei al 41-bis?

«Le imputazioni di Anna e Alfredo nel processo torinese sono state le stesse. Cospito probabilmente ha solo scritto e inviato qualche articolo in più alle riviste anarchiche e quindi siamo giunti all’assurdo: si applica il 41-bis per impedire qualsiasi libertà di espressione, ritenendo che si tratti di messaggi ad una inesistente organizzazione. Alcune delle persone con cui aveva intrattenuto la corrispondenza sono state arrestate qualche anno fa per associazione sovversiva, ma il processo si è concluso a fine settembre con l’assoluzione perché il fatto non sussiste. Le motivazioni sono state depositate a fine dicembre ed è proprio sulla base di queste che la difesa di Cospito ha sollecitato il Ministro ad intervenire e revocare il 41-bis. Anche il fatto che l’attentato di Fossano senza morti né feriti sia stato qualificato prima come strage e poi addirittura, in cassazione, come strage politica è un’aberrazione. Nemmeno le stragi di Stato, come quella di Piazza Fontana o della stazione di Bologna, sono state dichiarate stragi politiche. Nemmeno gli attentati contro Falcone e Borsellino, per cui sono stati usati centinaia di chili di esplosivo. Perché lo Stato ha innalzato questo livello della repressione non sono io a doverlo dire, ma è una domanda che tutti ci dovremmo fare! Leggere le carte del processo aiuterebbe tantissimo, preciso solo che sia Cospito che Anna Beniamino hanno sempre respinto le accuse per i fatti di Fossano e sono stati condannati sulla base di elementi molto ma molto discutibili».

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