Carne, intolleranze e poca attenzione alla salute: le abitudini alimentari dei baresi

È strano a dirsi, ma a Bari la carne batte il pesce. Solo un barese su due, infatti, mangia prodotti ittici dalle due alle tre volte a settimana, mentre l’85% consuma carne anche più di due volte a settimana. Il consumo di frutta e verdura, invece, appare molto limitato tra i giovani, ma interessa la popolazione anziana. È uno scorcio dell’indagine condotta dal Comune sui consumi e i comportamenti alimentari dei baresi. L’obiettivo dello studio – affidato all’Istituto Troisi Ricerche – è quello di comprendere gli orientamenti, le motivazioni e il grado di consapevolezza dei residenti al fine di redigere un Piano di azione locale sul cibo. 1.090 sono stati i cittadini intervistati, suddivisi per genere, età, istruzione e professione e selezionati sulla base dei quartieri di appartenenza, per semplicità aggregati in nove aree geografiche.

Oltre alle abitudini alimentari, la ricerca ha approfondito anche il rapporto tra nutrizione e salute, l’attitudine allo spreco e le preferenze alimentari. La colazione, ad esempio, è ignorata da oltre il 20% della popolazione, soprattutto nella fascia d’età compresa tra i 18 e i 34 anni. Stessa sorte per lo spuntino di metà mattinata o del pomeriggio, che viene trascurato da circa la metà dei cittadini.

L’usanza di consumare pasti fuori casa, tra ristoranti e fast food, si concentra soprattutto di sera e interessa per lo più gli impiegati o gli imprenditori, specie nei quartieri come Madonella, Poggiofranco e Marconi, dove è più diffuso l’orario continuato in ufficio. Per quanto riguarda invece il consumo di acqua, prevale di molto l’utilizzo delle bottigliette di plastica (76,4%), mentre si rivela significativa l’assunzione di alcolici, in particolare tra i giovanissimi, che nel 20% dei casi dichiarano frequenze quotidiane o trisettimanali. Dallo studio emerge inoltre come molti baresi soffrano di intolleranze alimentari, soprattutto su alimenti come il lattosio, le arachidi e la frutta a guscio.

Preoccupa, invece, la relazione tra cibo e salute. Il 32,6% degli intervistati non controlla mai il proprio peso, mentre il 54% (più di uno su due) non fa alcuna attività fisica. E questa, leggendo i dati, sembra essere un’abitudine inversamente proporzionale al titolo di studio, essendo una pratica più diffusa tra i diplomati e i laureati della fascia tra i 18 e i 34 anni. Allo stesso modo un barese su tre non svolge alcuna attività di prevenzione sanitaria di routine e più del 40% non approfondisce la propria condizione cardiaca o nutrizionale. L’attenzione su alimenti come sale, grassi saturi e zucchero è diffusa solo tra 4 residenti su 10.

Ma non è tutto. Il 60% dei baresi dichiara di non frequentare mai nessuno dei dieci mercati rionali coperti della città, e molto bassa risulta anche la frequentazione di botteghe alimentari di quartiere, che sostituite dai supermercati di prossimità da quasi la metà della popolazione. Il capitolo sullo spreco, infine, riguarda soprattutto il pane e i prodotti da forno, ma anche la frutta e la verdura.

«A Expo 2015 il sindaco Decaro – spiega Vitandrea Marzano, referente della food policy per il Gabinetto del primo cittadino – ha sottoscritto con altri 200 colleghi del mondo il Patto di Milano sull’alimentazione, che impegna le città a redigere un piano alimentare locale per valorizzare l’agricoltura periurbana, diffondere buoni stili di vita e nutrizionali, ridurre gli sprechi alimentari, attivare start-up in campo agroalimentare, promuovere la filiera corta in mense e distribuzione, realizzare politiche di inclusione attiva attraverso il cibo e la nutrizione. Bari – aggiunge – ha inoltre già avviato una serie di politiche sul tema che rappresentano già delle buone pratiche su scala nazionale: dalle mense scolastiche (interamente biologiche e a filiera corta) alla riconversione dei terreni agricoli in orti urbani e didattici, passando per le misure di contrasto allo spreco alimentare contenute nel programma Bari Social Food».

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