Brindisi, possibile svolta per l’ex Babylandia: una struttura turistica nell’area verde?

Realizzare una struttura turistico-ricettiva all’interno dell’ex Babylandia. Di questo hanno discusso il proprietario dell’area, chiusa al pubblico da decenni, il sindaco Marchionna e il vicesindaco Oggiano.

Da tempo l’imprenditore di Martina Franca prova a monetizzare presentando progetti al Comune. Nel frattempo, sostiene ingenti costi per la manutenzione dell’esteso polmone verde.

All’epoca del commissario Giuffrè, l’imprenditore presentò un progetto per la costruzione di complessi residenziali. Tuttavia, essendo l’area classificata come F4, dunque destinata a verde e servizi, sarebbe servita una variante urbanistica, strada che il Comune decisero di non percorrere.

Durante l’amministrazione Rossi, poi, venne offerta all’imprenditore la possibilità di recuperare le cubature presenti realizzando bar, ristoranti e un supermercato: l’investimento non convinse il privato. Così, il Comune decise di offrirgli una permuta. «Gli proponemmo – ripercorre Rossi – una permuta di quell’area con una edificabile al quartiere Paradiso. Questo ci avrebbe consentito di appropriarci dell’ex Babylandia per riqualificarla. Rispetto al contratto di acquisto di quell’area che l’imprenditore esibì, il cui valore era di circa 700mila euro, effettuammo una stima dei terreni del Paradiso e valutammo che avevano un valore pari a un milione di euro. In un primo momento sembrava che l’avessimo convinto. Poi, però, ci fece presente che avrebbe voluto vendere i terreni del Paradiso ma gli fecero un’offerta nettamente più bassa rispetto al milione, quindi l’accordo saltò».

Poi al Comune arrivò un’ulteriore proposta. «Ci disse che se gli avessimo consentito di realizzare una residenza per anziani, lui ci avrebbe concesso l’area che conduce a Cala Materdomini – ricorda Rossi – Ma il mio mandato era ormai finito». Si giunge così al recente incontro con Marchionna e alla nuova idea di realizzare una struttura turistico-ricettiva: una scelta che giustificherebbe più agevolmente il riconoscimento della pubblica utilità, necessario per effettuare la variante urbanistica.

I tempi dell’operazione, tra l’altro, potrebbero essere più brevi se si potesse seguire la procedura semplificata prevista dal dpr 160 del 2010 che contempla un passaggio dal Suap. Tale norma stabilisce che nei Comuni in cui lo strumento urbanistico non individua aree destinate all’insediamento di impianti produttivi o individua aree insufficienti, l’interessato può richiedere al Suap la convocazione di una conferenza di servizi che può comportare la variazione dello strumento urbanistico con l’assenso della Regione. Dopodiché basterebbe un passaggio in Consiglio comunale.

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