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Bitonto non è una città per disabili: la battaglia di mamma Cristina

La convinzione è una sola: «Bitonto non è una città per disabili». Cristina, quando ci racconta la sua storia, fa emergere da un lato la sua rassegnazione, figlia di anni di risposte non avute dalla politica cittadina, dall’altro rabbia per la vita, difficile che ogni giorno è costretta a fare insieme ai suoi figli, dall’altro…

La convinzione è una sola: «Bitonto non è una città per disabili». Cristina, quando ci racconta la sua storia, fa emergere da un lato la sua rassegnazione, figlia di anni di risposte non avute dalla politica cittadina, dall’altro rabbia per la vita, difficile che ogni giorno è costretta a fare insieme ai suoi figli, dall’altro ancora un briciolo di speranza affinché qualcosa possa cambiare.

I fatti, allora. Cristina, 45enne, ha due figli di 19 e 16 anni costretti su una sedia a rotelle a causa di una malattia neodegenerativa che galoppa ogni giorno e l’inferno comincia proprio da qui. «Qualche anno fa – dice la donna – ho chiesto al sindaco d’installare uno scivolo per i disabili a due passi dalla mia abitazione (in pieno centro, ma sprovvista di scivoli), ma mi è stato risposto che non era possibile farlo per alcune motivazioni davvero assurde e folli. Senza quello scivolo i miei figli sono condannati a restare in casa e a non poter neanche uscire con gli amici. Sono stata costretta a farlo installare a mie spese e tra l’altro, altra cosa assurda, è l’unico presente in tutto il quartiere».

Appena usciti di casa, però, emergono altri problemi. «In città – prosegue Cristina – spesso ci s’imbatte in scivoli per chi è costretto in carrozzina rotti, assenti, con scarsa manutenzione o magari con un dislivello e così i miei figli sono costretti a passeggiare per strada, tra le autovetture, dove può capitare che magari possano essere investiti e quindi, ogni qualvolta che escono di casa, proprio per questo timore, sono “costretta” a seguirli con la mia auto durante tutto il tragitto per accertarmi che arrivino a destinazione senza problemi».

Non è tutto, però. Perché non sono pochi i locali, specie nel centro storico, il cui accesso ai diversamente abili in carrozzina è off-limits. «Quando i miei ragazzi devono andare in una pizzeria, locale, pub della città – si sfoga – faccio sempre una “ispezione” per capire il rapporto con le barriere architettoniche per vedere il grado di accessibilità. Se non lo è, monto delle rampe portatili acquistate a mie spese e che porto sempre nella mia auto. Non so quanto tempo vivranno i miei figli perché la malattia che hanno è ogni giorno sempre più infida e per questo voglio che lo facciano nel miglior modo possibile. La cosa che mi rammarica è che gli interventi da fare non hanno cifre esorbitanti e avrebbero conseguenze positive per tutti». Adesso Cristina attende soltanto una cosa: risposte. E ha lanciato anche una sfida: «Ieri stesso ho invitato il sindaco Francesco Paolo Ricci a fare un giro in carrozzina con me per rendersi conto della situazione».

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