Il riutilizzo pubblico e sociale dei beni confiscati alla mafia è una pratica con una storia lunga e diffusa ormai in oltre 350 comuni in tutta la penisola. Lo Stato concede ai comuni l’uso di appartamenti, ville o terreni che appartenevano alla criminalità per assegnarli gratuitamente ad associazioni e attività senza scopo di lucro.
A Bari le proprietà entrate nelle disponibilità dell’amministrazione, aggiornate ad agosto di quest’anno, sono circa 96 e di queste 46 vengono riservate proprio a scopi sociali (la restante parte serve a coprire situazioni di emergenza abitativa).
Ma le buone intenzioni non sempre sono sufficienti a raggiungere risultati ottimali. Se il capoluogo pugliese ha una gestione generalmente virtuosa dei beni in suo possesso, non mancano le criticità. Il 41% dei beni confiscati che dovrebbero essere gestiti per scopi sociali, 19 per la precisione, non sono stati ancora assegnati. Scorrendo l’elenco fornito dal Comune si può notare che in alcuni casi i bandi sono andati deserti o il bene è stato restituito per la rinuncia dell’assegnatario. Altri ancora sono invece in fase di definizione o in attesa di sgombero, mentre una decina saranno inseriti in un prossimo bando di gara.
Le ragioni sono legate non tanto alla provenienza del bene quanto alla sua tipologia. «Nell’ultimo bando ci sono state circa 120 richieste di visione del bene ma alla fine ci sono arrivate solo una 30ina di offerte – spiega Giuseppe Ceglie, direttore della ripartizione patrimonio del Comune – ovviamente alcune sono state sullo stesso bene e la commissione deputata a decidere a chi destinare le proprietà ha scelto sulla base del progetto. Su alcuni beni riscontriamo più difficoltà, ad esempio i terreni, perché meritano un investimento consistente per essere messi in funzione e le associazioni spesso non ce la fanno da sole». Spesso tra la confisca e l’assegnazione passano diversi anni, durante i quali il bene è lasciato a se stesso, vittima dell’incuria e del deterioramento. E così le associazioni si trovano in mano un locale che spesso è da ristrutturare pesantemente, con costi troppo gravosi. Per riuscire a riutilizzare alcune proprietà confiscate è la stessa amministrazione che cerca di intercettare fondi o proporre progetti, come nel caso di un terreno a Ceglie del Campo per il quale è stato chiesto un finanziamento per la realizzazione di una fattoria sociale, o di un bene a Torre a Mare che dovrebbe diventare un micro lido comunale.
Risultati migliori il Comune li ha raggiunti invece nell’ambito dei beni destinati all’emergenza abitativa. In questo caso sono pochi gli immobili non ancora assegnati, la maggior parte a causa delle lungaggini burocratiche successive alla confisca e alle operazioni di sgombero che spettano alla Prefettura. «La gestione in questo caso è più semplice – spiega ancora Ceglie – si tratta spesso di sottani o piccoli appartamenti che hanno caratteristiche immediatamente idonee ad assegnarli a famiglie o soggette a sfratto o in condizioni di estrema povertà. Non abbiamo avuto molti episodi di sgomberi forzati o di ripercussioni da parte dei “proprietari precedenti”».