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Bari, scoppia la polemica per l’ordinanza anti-movida: «La città rischia di spegnersi»

«In questo modo si rischia di spegnere la città. Non è solo un danno alle attività commerciali, ma anche a un tipo di socialità che producono e che non ci sarà più». A parlare è Gianni Del Mastro, rappresentante dell'associazione Unione ristoratori. La nuova ordinanza adottata dal sindaco di Bari Vito Leccese per regolare la…

«In questo modo si rischia di spegnere la città. Non è solo un danno alle attività commerciali, ma anche a un tipo di socialità che producono e che non ci sarà più». A parlare è Gianni Del Mastro, rappresentante dell’associazione Unione ristoratori. La nuova ordinanza adottata dal sindaco di Bari Vito Leccese per regolare la movida nel quartiere Umbertino è entrata in vigore solo ieri (e resterà valida fino al 4 dicembre) eppure ha già spaccato in due la città, e senza dubbio farà parlare ancora a lungo. Si tratta di un «provvedimento sperimentale», come l’ha definito il primo cittadino, che interviene sull’orario di vendita e somministrazione di bevande e alimenti, ma anche sull’utilizzo dei dehors e sull’attività all’interno dei locali.

Una città destinata a cambiare

«Il problema, secondo me, è capire che tipo di città si vuole nel futuro – commenta Del Mastro – Stabilire quanto il nostro settore può essere considerato una risorsa». Il provvedimento arriva in risposta a una serie di problemi, legati alla mala movida in uno dei quartieri nevralgici di Bari, sollevati negli anni dai residenti e riconosciuti tali dall’amministrazione. Dalla sicurezza agli schiamazzi, fino alla musica ad alto volume a tarda notte e allo spaccio. «Se si pensa che la concomitanza di questi interventi rischia seriamente di mettere in ginocchio moltissime attività – riflette – probabilmente dovremmo sederci ad un tavolo e cercare, rispetto a quelle che sono le emergenze, di trovare soluzioni comuni. Non si può pensare sempre di vietare, di proibire». Ciò su cui si interroga Del Mastro, è quanto sia fattibile stravolgere quella che è la funzione storica dei pub e di tutti quei luoghi che creano aggregazione, specie all’esterno. «Il drink fuori dal locale – spiega – è una cosa legata alla storia dei pub, ma non solo a Bari, nel mondo».

I “rischi” dell’ordinanza

Un altro tema riguarda la gestione degli spazi pubblici e dei dehors, per cui i titolari delle attività pagano e il cui utilizzo è ora limitato, ma anche la concentrazione di troppe attività in un’unica area della città. «Qualcuno avrebbe dovuto immaginare che sarebbe stato un qualcosa che avrebbe portato a questi effetti – specifica ancora il rappresentante dei ristoratori – Le caratteristiche di quei luoghi sono quelle. L’aggregazione dei ragazzi avviene all’esterno. Ci siamo passati tutti. È un tipo di socialità a cui la museruola non la si può mettere, perché stravolge il senso di questi posti». Ad essere maggiormente interessate dal provvedimento, sono proprio quelle attività che, lavorando perlopiù d’asporto, concentrano la maggior parte della mole di clienti nelle ore notturne. «La gente a Bari esce alle 23. Limitare la somministrazione alle undici significa dire sostanzialmente a quei locali che non possono lavorare».

L’appello

Gli interventi per “educare” le persone a cambiare le proprie abitudini sarebbero diverse, ma «se noi dobbiamo subire e accettare le decisioni di altri senza poterne discutere», afferma ancora Del Mastro, «non va bene». «Quello che noi chiediamo all’amministrazione è che si possa ri-discutere questo provvedimento. Le attività sono più che duplicate dal 2017. Cosa pensavate, che gli american bar non avrebbero venduto bevande all’esterno? Se le attività non ci sono, se le strade si svuotano, la città diventa meno sicura. Se una città ha la prospettiva di spegnersi a mezzanotte, sarà meno attrattiva anche nei confronti del turismo, creando un danno non solo all’economia, ma anche all’immagine della città stessa», conclude il ristoratore.

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