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Bari, finiti i fondi del Bonus Nido: «A chi lasciamo i bimbi?»

Sono migliaia le famiglie baresi che quest’anno rischiano di non poter mandare i loro figli all’asilo nido. In queste ore, infatti, l’Inps ha comunicato che sono terminati i fondi stanziati dal governo per il cosiddetto “bonus nido” (quasi 554 milioni di euro), proprio nel mese dedicato alle nuove iscrizioni. Si tratta di un contributo per…

Sono migliaia le famiglie baresi che quest’anno rischiano di non poter mandare i loro figli all’asilo nido. In queste ore, infatti, l’Inps ha comunicato che sono terminati i fondi stanziati dal governo per il cosiddetto “bonus nido” (quasi 554 milioni di euro), proprio nel mese dedicato alle nuove iscrizioni. Si tratta di un contributo per la frequenza, sino ad un massimo di 3.000 euro all’anno per famiglia, pari a 272,70 euro al mese, ricalcolato sulla base dell’Isee minorenni. Troppe sono state infatti le richieste pervenute all’Istituto tramite il sito, i caf e i patronati. Un problema serio che riguarda quasi un migliaio di nuclei familiari con figli sotto i 3 anni: se i costi degli asili nido comunali (solo 10 in città) sono infatti contenuti, quelli delle strutture private variano da un minimo di 350 a un massimo che, alle volte, supera i 500 euro al mese.

«I soldi sono terminati e tantissimi nostri utenti sono su tutte le furie – spiega Francesco Fragola del patronato Epas e della struttura Fna De Nicola –. Molti di loro dovranno rinunciare ad iscrivere i loro figli in un qualsiasi asilo perché non potranno usufruire e beneficiare di questa misura. Per esperienza personale so che una famiglia con un Isee inferiore ai 25mila euro (e che quindi ha diritto al massimo del contributo) ha un reddito medio-basso e spesso vive con meno di 1.400 euro al mese. Diventa impossibile poter pagare rette che si aggirano tra i 3 e i 400 euro mensili».

Questo problema riguarda tantissimi nuclei familiari che in questo periodo stanno presentando la domanda (o che non l’hanno ancora presentata perché si tratta del primo anno di frequenza), nonostante manchino ancora tre mesi al 31 dicembre, termine ultimo per presentare le richieste: «Io e mio marito stiamo seriamente pensando di lasciare la bambina ai nonni» dice Maddalena, mamma di Giulia, che aggiunge: «Senza quest’aiuto non ci possiamo permettere il nido privato e quello pubblico è solo per pochi». Peggiore è la situazione di Mariangela, mamma di Arianna, che sarà costretta a lasciare il lavoro perché non sa a chi affidare la figlia: «I nonni vivono lontano e noi non possiamo permetterci di pagare per intero la frequenza in una struttura privata. Credo che non tornerò a lavorare dopo la maternità» dice la donna. «Il 100% delle famiglie che portano i loro bimbi nella nostra scuola utilizza il bonus nido, anche chi ha Isee molto alti – spiega il direttore di un noto istituto privato cittadini -. Ai genitori diciamo di temporeggiare, anche se sappiamo che non è facile».

Il bonus – introdotto dal secondo governo Conte e poi confermato dall’esecutivo guidato da Draghi – ha l’obiettivo di sostenere le famiglie con uno o più bambini piccoli e agevolare la loro frequenza negli istituti per l’infanzia: «Spero con tutto il cuore – aggiunge Fragola, consulente nel caf di piazza De Nicola, nel cuore del quartiere Libertà – che il nuovo Governo si mobiliti per rifinanziare questo bonus, anche considerando i tanti rincari che le famiglie stanno subendo in questi mesi a causa dell’inflazione. La politica non può rimanere inerme davanti al diritto di sostenere un ambiente educativo e, soprattutto, al benessere dei nostri figli. Se lo Stato non è in grado di stanziare un budget adeguato, dovrebbe almeno garantire asili pubblici per tutte le famiglie», aggiunge l’operatore.

Ma la speranza è l’ultima a morire. Tramite i suoi canali sociali, Inps ha chiarito che è ancora possibile presentare domanda e che, tutte quelle «che non potranno essere accolte per insufficienza di budget, saranno comunque raccolte nei database dell’ente e ammesse con riserva». Secondo molti caf e operatori del settore il governo potrebbe stanziare ulteriori fondi per soddisfare le migliaia di richieste arrivate e rimaste inevase: «Non è solo una questione di soldi, ma di giustizia e diritti – dice Fragola – perché questi bambini saranno costretti a rimanere chiusi in casa e non potranno socializzare né essere educati e formati. E le mamme saranno costrette a fare salti mortali o rimanere a casa senza poter lavorare. Negli anni precedenti questi fondi sono finiti a dicembre, non a settembre. Come mai? Lo Stato doveva stanziare più soldi e, mi auguro, lo faccia presto perché è improponibile andare avanti così».

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