«Assegni da fame e niente servizi sociali»: si mobilitano i pensionati

«Il sistema di ripartizione che oggi è alla base del patto tra generazioni rischia di saltare»: a lanciare l’allarme sono i vertici del sindacato dei pensionati della Cgil pugliese durante il 14esimo congresso che si concluderà oggi a Bari. Parole forti, quelle condivise dal leader locale Gianni Forte e da quello nazionale Ivan Pedretti, soprattutto alla luce dei dati sull’importo medio dell’assegno mensile liquidato in Puglia: 967,53 euro col vecchio sistema misto retributivo-contributivo, 376,87 con l’attuale sistema contributivo puro. Numeri che spingono i vertici dello Spi-Cgil a parlare di «pensioni da fame» e a paventare «nuove povertà all’orizzonte».

Ma a preoccupare il sindacato non è soltanto l’importo medio delle pensioni, insufficiente soprattutto in una fase storica caratterizzata da una netta impennata dei prezzi e delle tariffe di beni e servizi, ma anche l’inadeguatezza della sanità pubblica locale che sempre più spesso costringe gli anziani a rivolgersi alle strutture private, ovviamente a pagamento. E così nel mirino di Gianni Forte finiscono le interminabili liste d’attesa, la drammatica situazione dei pronto soccorso, la notevole difficoltà nell’ottenere un ricovero «se non pagando la parcella ai primari e medici di reparto». «Esiste – aggiunge il segretario dello Spi-Cgil pugliese – un problema di organizzazione dei servizi sanitari, che le fibrillazioni e i conflitti in atto all’interno del sistema largamente confermano. Non è possibile accettare che non ci sia altro modo per ottenere una prestazione sanitaria se non a pagamento. L’abbiamo sempre gridato e continueremo a farlo, è una vergogna. Alla Regione ne sono consapevoli? Credo proprio di sì». Ecco perché il sindacato annuncia una giornata di mobilitazione sui temi della salute per il prossimo 31 marzo, quando nelle sedi dell’organizzazione sarà anche scoperta una targa in memoria delle vittime del Covid.

Ad alimentare il disagio di migliaia di anziani è anche il deficit di servizi sociali messo in luce da “A casa è meglio”, la ricerca commissionata dallo Spi-Cgil sul benessere degli over 65 pugliesi in rapporto a esigenze e condizioni abitative. Dallo studio, infatti, emerge come il 35% degli anziani viva da solo e oltre il 63 abiti zone periferiche scarsamente dotate di servizi. Non solo: il 42,3% degli over 65 pugliesi si dice insoddisfatto di ciò che offre il quartiere in cui vive (negozi, supermercati, mezzi di trasporto pubblico, accesso alle strutture socio-sanitare), con la maggior parte che segnala l’assenza di spazi di socialità. Soltanto il 3,2% degli anziani interpellati è aiutato dai servizi sociali comunali per i quali le amministrazioni pubbliche investono in media circa 73 euro pro capite: una cifra di gran lunga inferiore rispetto al Nord.

E proprio le disuguaglianze tra le diverse aree del Paese sono al centro dell’intervento di Ivan Pedretti: «Le risorse – osserva il leader nazionale dello Spi-Cgil – devono essere destinate a tutelare i cittadini sia al Nord che al Sud e c’è bisogno di farlo con i servizi pubblici. Bisogna evitare di allontanare le persone con le liste di attesa, problema che riguarda maggiormente il Sud ma ormai anche il Nord, e per farlo bisogna assumere più personale e avere strutture efficaci ed efficienti». Inevitabile un passaggio su autonomia differenziata e presidenzialismo, riforme che il governo Meloni intende realizzare in tempi relativamente stretti: «Tutti i cittadini devono avere stessi diritti e condizioni, già cosi non è così – conclude Pedretti – Occorre ribaltare quel concetto che il governo sta tentando di mettere in campo, evitandogli di fare l’autonomia differenziata o, come vorrebbe Meloni, il presidenzialismo. Abbiamo bisogno di unire il Paese, non di dividerlo».

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