Assalti dei cinghiali in provincia di Taranto, la proposta: «Caccia aperta tutto l’anno»

Quasi 200 episodi di danni alle colture denunciati e ristori che ammontano a 260mila euro. Circa 125 sinistri stradali e 650mila euro di rimborsi corrisposti agli automobilisti. Sono i numeri riscontrati in provincia di Taranto solo nell’ultimo triennio legati agli assalti incontrollati da parte di cinghiali. Cifre lievitate a dismisura nel corso del tempo, direttamente proporzionali al numero di ungulati che negli ultimi anni scorrazzano indisturbati su tutto il territorio, ma certamente poco veritiere perché, purtroppo, sono ancora pochi gli agricoltori colpiti a denunciare i danni subiti.

Le zone più colpite

Gli attacchi avvengono in centri urbani e sulle strade extraurbane, così come nelle campagne del Tarantino, in particolare nei comuni del versante occidentale, Ginosa, Laterza, Castellaneta, Palagianello, Palagiano, Massafra e Martina Franca. Gli animali sono a caccia continua di cibo e capaci di riprodursi in modo incontrollato. Non ci sono recinzioni che tengano: le loro scorribande non risparmiano colture, frutti e nemmeno mezzi di protezione.

I maggiori danni

«Sarebbe da stolti pensare di vincere l’emergenza installando protezioni perché viviamo in un territorio di vasta estensione» dice Vito Rubino, direttore Cia per l’area Due Mari. «Più di un terzo dei danni riscontrati in provincia di Taranto è riconducibile al territorio di Castellaneta». «La buona volontà della Regione Puglia – aggiunge Rubino – di catturare i cinghiali con gabbie metalliche e di formare dei cacciatori di selezione si è scontrata con i tempi della burocrazia mentre l’agricoltura, inerme, resta a guardare e ogni giorno fa la conta dei danni. Servono interventi immediati perché i cinghiali sono in continuo aumento sia numericamente che come peso di ogni singolo capo, che ora può anche superare il quintale. Oltre alla tutela del comparto agricolo c’è in gioco anche la sicurezza stradale e l’incolumità fisica degli automobilisti».

Le possibili soluzioni

Cia parla di vera e propria “pandemia agricola”. «Servono azioni forti, decise e coordinate per salvaguardare vite umane, produzioni agricole e reddito alle famiglie. Tradotto in soldoni basterebbe consentire di cacciare il cinghiale tutto l’anno, anche nelle aree protette come il Parco delle Gravine e nelle aree definite circa 30 anni fa come zone di ripopolamento e cattura. Andrebbe aggiornata la vecchia legge 157 del 1992, che ha 32 anni. A nostro avviso – conclude Rubino – non c’è altra soluzione se non l’abbattimento del cinghiale in ogni territorio senza distinzione di sesso, età e dimensioni, per tutti i 365 giorni l’anno». «La burocrazia – dice l’associazione Cia Due Mari – deve subito lasciare il campo ad azioni concrete: una volta per tutte va tutelata la salute, la sicurezza dei cittadini e il futuro del comparto agricolo».

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Exit mobile version