«Insegniamo ai nostri ragazzi l’importanza dell’inclusione, quando dovremmo essere noi ad apprenderla». Antonella, insegnante di musica ipovedente, conclude così il suo lungo sfogo dopo essersi vista chiuse le porte di un istituto scolastico per un ruolo di supplente. Il motivo? Ufficialmente, il suo ritardo al colloquio. Ma lei ci giura: «Sono stata puntuale. È stata la mia condizione ipovedente a non farmi avere quel posto».
Sì, perché, secondo quanto raccontato da Antonella, nel documento ufficiale fornitogli dalla scuola, un istituto comprensivo, sarebbe stato riportato, quale motivo della sua mancata assunzione, il ritardo al colloquio. «Venivo da un altro istituto – spiega Antonella all’Edicola del Sud – dove avevo sostenuto un precedente colloquio. L’appuntamento era stato fissato alle 9. Io mi sono presentata alle 9.10 circa. Nel documento hanno però scritto che sono arrivata a scuola alle 9.20. Ma a quell’ora ero già in stazione per prendere il treno e tornare a casa». Il colloquio, infatti, sarebbe durato una manciata di secondi. Un breve lasso di tempo, sì, in cui, però, Antonella si è sentita fortemente discriminata. Chi avrebbe dovuto semplicemente attestare le sue competenze e i punteggi accumulati per quelle ore di supplenze (poche, in realtà, che si sarebbero dovute svolgere da lunedì a giovedì) ha cominciato a dubitare della sua capacità di fornire adeguate prestazioni. «Mi hanno chiesto il motivo per cui mi sono presentata a quel colloquio – dice visibilmente commossa – come avrei fatto a fare lezione, davanti ai ragazzi. Ma la frase che più mi ha infastidita è stata: noi non abbiamo mai avuto un’insegnante ipovedente».
Eppure, Antonella ha tutte le capacità per stare in un’aula e insegnare agli alunni. Lo ha già fatto, per due anni. La prima volta al liceo musicale di Barletta, la seconda alla scuola media di Santeramo in Colle. Ogni volta, ha portato con sé la sua accompagnatrice, una ragazza che la aiuta nella gestione dell’aula, figura pensata per le persone ipovedenti proprio come Antonella. Che, alla sua grande passione, la musica, ha dedicato anche un libro: “Scienza in canto”, scritto assieme a Marco Lamacchia. «Le domande che mi sono state rivolte – racconta Antonella – non erano suscitate da curiosità. Erano impertinenti. Ma io voglio essere considerata per ciò che valgo e per gli studi che ho compiuto».