Andria, Alfonso cerca riscatto: ha quasi ucciso la moglie, ora lavora e sogna di riuscire a perdonarsi

«Ci vorrebbero più persone come mia figlia nella comunità e nelle famiglie. Più ragazzi e ragazze che non si girano dall’altra parte quando vedono i genitori litigare». Alfonso Oliva, affidato alla masseria san Vittore ad Andria, ne è convinto: se sette anni fa la sua bambina non avesse chiamato subito i carabinieri ora lei e sua sorella non avrebbero avuto più una mamma e lui avrebbe vissuto il carcere a vita. E per questo non smetterà mai di ringraziarla.

Dopo il matrimonio, Alfonso, oggi 47enne, originario di Taranto, si trasferisce con sua moglie prima a Bologna, poi nella provincia di Ferrara. Per lavoro gira il mondo, «trascurando – dice – la compagna e le due figlie».

Qualche giorno dopo uno dei suoi brevi rientri in Italia, la gelosia lo acceca e litiga con la moglie. Tra i due nasce uno scontro non solo verbale ma anche fisico: «Non ero più in me». La sua figlia più grande (all’epoca, nel 2017, poco meno di dodici anni) assiste alla scena e chiama i carabinieri: «Qualche istante prima che la “spegnessi”, in maniera provvidenziale sono arrivati e mi hanno bloccato». A quel punto scatta subito la misura dell’allontanamento preventivo dal domicilio per sei mesi e l’uomo, solo, si rifugia nell’alcol: «Il mio unico obiettivo era distruggermi bevendo, rientrare a casa, dormire e non pensare».

Tocca il fondo quando viene arrestato per una rapina insieme a un’altra persona. A quel punto va in carcere a Ferrara per scontare l’ultimo reato e il tentato femminicidio nei confronti della moglie: oltre undici anni di reclusione, poi scesi a nove. Grazie alla sua buona condotta e al lavoro nell’istituto penitenziario, a novembre scorso viene affidato a masseria san Vittore per il progetto “Senza sbarre”, della diocesi di Andria. Alle pendici di Castel del Monte, detenuti con pene definitive producono taralli.

Riprende i contatti (telefonici) con l’ex moglie e le figlie: «Nonostante l’abbia quasi uccisa, sta permettendo l’esistenza di un legame tra me e tutte loro. “Chi sono io a non poter dare un’altra possibilità a mio padre?”, mi ha detto una delle mie bambine», racconta Alfonso. «Ora sto meglio, sì, ma so -dice – che dentro di me penserò sempre a quello che ho fatto».

Con la voce rotta dalla commozione, aggiunge: «Se Dio mi dicesse che ho altri dieci anni di vita gli chiederei di togliermene nove e darli a un’altra persona. Io, invece, ne vorrei vivere solo uno con la mia famiglia come se nulla fosse mai successo. Ma so che non accadrà. E allora devo andare avanti, pagando gli sbagli e cercando di ricostruire i rapporti. Agli altri dico, dedicate tempo alle relazioni importanti e siate presenti. È un tempo – conclude Alfonso – che non torna più. E, poi, perdoniamoci».

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