Nel centro storico di Ostuni un gruppo di turisti, dopo quattro drink e qualche stuzzichino, si è visto addebitare otto euro in più per la voce “musica”: due euro a testa, perché in locale c’era un dj.
«La musica era bella, ma non ci aspettavamo di trovarla in conto», hanno ironizzato i clienti.
L’episodio ha acceso il dibattito: si può chiedere un extra per l’intrattenimento musicale?
Non è un caso “isolato”
Nelle caffetterie di piazza San Marco a Venezia il “music charge” è prassi da anni: chi si siede ai tavolini dei caffè storici paga un sovrapprezzo per l’orchestra dal vivo, voce che compare nello scontrino e nei listini e che molti turisti segnalano e discutono online prima ancora di mettersi a tavola. È talmente noto da essere citato nelle guide e discusso nei forum di viaggio: il café Florian e gli altri locali di San Marco applicano da tempo un supplemento per l’accompagnamento musicale, regolarmente indicato ai clienti.
Regola d’oro: trasparenza
In Italia la legittimità di coperti, supplementi e sovrapprezzi non dipende tanto dalla loro “natura”, quanto da come vengono comunicati: devono essere esposti in modo chiaro prima dell’ordine, sul listino/menu o con cartelli ben visibili. È il principio generale sulla pubblicità dei prezzi previsto dalla normativa statale, che impone l’indicazione preventiva e chiara dei corrispettivi praticati dagli esercenti.
Tradotto: un “supplemento musica” può essere richiesto se chiaramente indicato (e non nascosto) nel menu o in un avviso all’ingresso. Se invece compare a sorpresa solo in scontrino, senza informativa preventiva, il cliente può contestarlo perché viola gli obblighi di trasparenza dei prezzi.