È un intervento importante per le tasche delle famiglie o semplice propaganda? Il mondo dei consumatori è diviso nel valutare la decisione del governo Meloni di togliere l’iva su pane e pasta.
Quello che vuole essere un intervento per limitare l’impatto del caro prezzi sulle tasche dei cittadini, per alcuni è solo un tentativo di buttare fumo negli occhi, vista la scarsa disponibilità economica per un intervento a più largo raggio che coinvolta, ad esempio, l’intero comparto alimentare. Tra questi c’è l’Unione nazionale consumatori che ha provato a fare i conti alla manovra.
«L’azzeramento dell’Iva sul pane – afferma Massimiliano Dona, presidente dell’associazione – come dimostra lo studio da noi realizzato a luglio, in tempi non sospetti, sarebbe pari a 10 euro e 7 cent a famiglia su base annua, mentre quello per la pasta equivarrebbe a 5 euro e 40 cent, per un totale di 15 euro e 47 cent. Un’elemosina. Questo, peraltro – conclude Dona – nell’ipotesi che i commercianti e i panettieri trasferiscano matematicamente il taglio dell’Iva sui consumatori, cosa che ovviamente non sono obbligati a fare. È, infatti, praticamente certo che la misura andrebbe a beneficio dei panettieri e non dei consumatori». Molto poco, dunque, soprattutto se confrontato con i rincari di quest’anno.
Secondo la Cgia di Mestre, solo l’importazione delle materie prime è costata al paese ottanta miliardi in più rispetto al 2021. Il rincaro dei materiali hanno registrato aumenti a doppia cifra: I prezzi dei metalli e dei minerali, ad esempio, in questi ultimi tre anni sono rincarati mediamente del 25,7%; quelli energetici sono raddoppiati (+101,3%). Va tuttavia segnalato che tra gli energetici l’aumento del prezzo del carbone è stato del 463,3% e quello del gas naturale addirittura del 671,6%. Più contenuti, invece, i rincari registrati dal ferro (+4,6%), dallo stagno (+16,8%), dallo zinco (+21%), dal nickel (+29,35), dall’alluminio (+30,7%), dal rame (+32,9%) e dal petrolio (+57,7%).
A fronte degli importanti rincari registrati durante l’anno, il Codacons definisce il taglio dell’iva su pane e latte una misura mediatica. «Produrrebbe un risparmio minimo per i consumatori pari a 15,8 euro annui a famiglia – avverte l’associazione, confermando i numeri elaborati dall’Unione nazionale consumatori -. In base ai dati Istat, una famiglia media spende ogni anno 264,12 euro per il pane e 145,08 euro per latte fresco (intero e parzialmente scremato) e conservato. «Questo – analizza sempre l’associazione di consumatori – significa che l’azzeramento dell’Iva sul pane produrrebbe un risparmio totale di 15,8 euro». Un concetto rimarcato ieri anche dal presidente nazionale del Codacons Carlo Rienzi. «Intervenire solo sull’iva su pane e latte – afferma – è una misura mediatica che non produce reali vantaggi per i consumatori. Se davvero si vuole sostenere la spesa delle famiglie e combattere gli effetti negativi dell’inflazione, l’iva va tagliata su tutti i generi alimentari e sui beni di prima necessità, intervento che produrrebbe un risparmio medio annuo che varia dai 180 euro per una coppia senza figli agli oltre 300 euro per un nucleo di 5 persone». Un intervento questo però che richiederebbe lo stanziamento di molte più risorse che, ad oggi, il governo ha deciso di concentrare per attutire il rincaro delle bollette.