La gestione dell’acqua, bene pubblico per eccellenza, rischia di finire in parte sul mercato e quindi anche nelle mani dei privati. È questo il nodo politico e amministrativo che ha spinto il Comune di Bari a muoversi sull’ingresso nel capitale di Acquedotto Pugliese: se entro il 31 dicembre almeno un Comune non acquisirà una quota delle azioni oggi detenute dalla Regione, il 20 per cento di Aqp dovrà essere messo a disposizione del mercato libero, con conseguenze potenzialmente irreversibili sull’assetto amministrativo del servizio idrico.
In commissione
A chiarire la portata della questione, nella seduta congiunta delle commissioni Bilancio e Urbanistica, è stato il direttore generale del Comune di Bari, Davide Pellegrino. Aqp, ha ricordato, è il gestore pubblico delle reti idriche delle città pugliesi ed è stato riconosciuto come asset strategico nazionale, al pari di altri settori produttivi sensibili. Proprio per questo, la sua eventuale apertura ai privati rappresenterebbe un cambio di paradigma nella gestione di un bene che appartiene all’intera collettività. Il punto chiave è la scadenza fissata al 31 dicembre 2025. «Scade la concessione ex lege – ha spiegato Pellegrino – e se l’Acquedotto non dovesse essere una società “in house”, quindi partecipata da una o più pubbliche amministrazioni, Aqp dovrebbe mettere in gara il servizio idrico integrato», aprendo di fatto alla gestione privata.
La partecipazione
Da qui l’urgenza di far entrare almeno un Comune, a partire da Bari, nella compagine azionaria per consentire ad Aqp di acquisire lo status di «società in house». Un passaggio che, come ha chiarito Pellegrino, è stato valutato anche sotto il profilo della legittimità amministrativa. «Ci si potrebbe domandare come sia possibile realizzare una società in house con un solo Comune socio», ha detto. La risposta arriva dall’Anac, che ritiene lecito il percorso se è chiaro che il processo è in itinere e se, entro la scadenza, viene costituito l’organismo di controllo analogo previsto dal nuovo statuto di Aqp. Questo organismo sarà un comitato di coordinamento e controllo composto da quindici membri: sei rappresentanti dei capoluoghi di provincia e gli altri espressione dei Comuni secondo una scala dimensionale. Aqp ha già convocato per il 29 dicembre un’assemblea per individuare i componenti del comitato, mentre il giorno successivo è prevista la formalizzazione notarile dell’intero impianto.
Gli azionisti
Il direttore generale ha poi chiarito i motivi del ritardo con cui la delibera è arrivata in Consiglio comunale. «Saremmo il quinto Comune a deliberare l’acquisizione delle quote (dopo Crispiano, Mesagne, Minervino Murge e San Marco in Lamis) – ha spiegato – ma saremmo il primo a deliberare esclusivamente l’acquisizione delle quote». Quei Comuni, infatti, hanno approvato in un’unica delibera sia l’acquisizione delle azioni sia il conferimento alla società veicolo. Una scelta che, secondo Pellegrino, complica l’iter: la legge Madia prevede il passaggio obbligatorio alla Corte dei Conti per le delibere che riguardano acquisizioni e trasformazioni societarie, con un parere non vincolante che arriva entro 60 giorni. «Quelle delibere contengono troppo dal nostro punto di vista amministrativo», ha sottolineato, e proprio per questo non consentono un’acquisizione tempestiva delle quote. In vista di questo è stato fatto uno studio amministrativo preciso: la delibera non include, almeno per ora, la fase successiva, cioè la creazione della «società veicolo» che gestirà i rapporti con Aqp per conto dei Comuni, passaggio che sarà affrontato con maggiore calma nel corso del prossimo anno. Nel dettaglio, in base alla popolazione residente, a Bari spetterebbero 73.025 azioni (pari allo 0,91 per cento). Taranto diventerebbe il secondo Comune azionista con quasi 59mila azioni (0,73 per cento), seguita da Foggia con 39.500 azioni (0,49 per cento).
Le difficoltà
Alla base di tutto, ha ammesso lo stesso Pellegrino, c’è un ritardo strutturale: una legge statale nel 2024, una modifica regionale nel 2025 e un’interlocuzione complessa tra Aqp, Anac e altre autorità. «Il problema semmai è che questa attività non è stata compiuta già nel 2020», ha detto. Un ritardo aggravato dal fatto che Anci, Aip e Aqp si sono concentrate soprattutto sugli aspetti giuridici, senza spiegare ai Comuni la reale portata dell’operazione.









