A 30 anni dalla scomparsa, l’eredità di Don Tonino Bello è impressa nella Storia

«Benedette inquietudini, capaci di trasfigurarsi nel prezzo da pagare per garantire la pace». Le sue lettere vibrano ancora, a 30 anni dalla scomparsa terrena. La sua testimonianza è viva, il suo vivere il Vangelo sine glossa, indossando le parole che pronunciava – anzi, annunciava – è ricordo tangibile tra i crocicchi del centro storico di Molfetta, nella terra in cui ha vissuto il mandato episcopale. Monsignor Antonio Bello, don Tonino, è morto il 20 aprile del 1993 dopo un lungo periodo di malattia.

Trenta anni che non hanno spento il fuoco del ricordo del vescovo in chiunque lo abbia incontrato e nelle generazioni che ne hanno ascoltato il messaggio evangelico. Lo scorso 8 aprile è scomparso il “dottore di don Tonino”, Domenico Cives, per tutti Mimmo, legato da un’amicizia fraterna con il vescovo, testimone di quella trasformazione radicale che chiunque incontrasse sulla propria strada e nel quotidiano don Tonino fosse portato a vivere. Una trasformazione necessaria per entrare nei gangli della storia, tuffarsi nella geografia della propria terra, immergersi nella vita per coglierne l’ineffabile e renderne grazie.

Don Tonino è stato profeta dei tempi, capace di posare i piedi con fermezza nei luoghi in cui era necessario farsi presenza. Nel novembre del 1982 fa ingresso in diocesi a Molfetta, dopo soli tre mesi solidarizza con gli operai delle ferriere di Giovinazzo, minacciati di licenziamento, e dopo un anno ospita i primi senzatetto in episcopio creando non poco scalpore per queste azioni concrete. «Noi siamo fecondati nella storia, il Vangelo se non si cala nella storia diventa sterile», dice don Gianni De Robertis, ex direttore generale della Fondazione Migrantes ed attuale parroco nel quartiere San Pio-Enziteto. Ieri sera ha ospitato nella parrocchia “Natività di Nostro Signore” alcuni amici di don Tonino per ascoltare ancora una volta le testimonianze di chi ha conosciuto da vicino il vescovo e portarle tra i suoi parrocchiani.

«Guglielmo Minervini e Franco De Palo sono stati i primi obiettori di coscienza che don Tonino ha incontrato in diocesi una volta insediatosi e gli sono rimasti al fianco nel cammino episcopale. Non mi stanco mai di ascoltare chi ha vissuto da vicino don Tonino. Un uomo, un sacerdote, un vescovo che non si accontentava di parlare della pace, ci ha messo i piedi dentro», dice don Gianni facendo riferimento alla marcia di Sarajevo nel 1992, al tema del disarmo, della smilitarizzazione, della non-violenza.

Papa Francesco ne ha riconosciuto le virtù eroiche, dichiarando don Tonino venerabile. «Se ha un senso il processo di beatificazione di don Tonino non è per porlo sull’altare e osservarne l’immagine ma per indicarne il messaggio, per continuare ad ascoltare lo stesso soffio dello Spirito santo che lo ha guidato per tentare di salvaguardarne il fuoco, non custodirne le ceneri». Il messaggio di don Tonino Bello a 30 anni dalla morte è non solo attuale ma continua a disegnare gli orizzonti futuri della terra. «La pace ha a che fare con l’economia, con l’investimento delle risorse, con il clima. Don Tonino lo sapeva benissimo. La pace è legata al creato, alla povertà. Il messaggio di don Tonino era protesta e proposta ma aveva a cuore la persona. Sono temi di cui oggi parliamo e lui li annunciava anche in spazi televisivi più di 30 anni fa. Un messaggio che superava le mura della Chiesa, aveva una dimensione laica che riguarda la comunità nel senso più ampio», dice Elvira Zaccagnino, direttrice della “edizioni la meridiana” che ha pubblicato alcuni suoi scritti.

Un messaggio capace di restare vivo a distanza di tre decenni e nato in un’epoca in cui gli strumenti di comunicazione attuali non esistevano. «Lui non era un comunicatore, era un vescovo. Annunciava la Parola. Aveva uno stile unico, poetico, eccezionale. Ma era un vescovo che viveva per annunciare una verità alta e altra. Oggi tanti comunicano ma non hanno nulla da dire. Don Tonino aveva il dono di utilizzare le parole stravolgendole, riempiendole di senso. Nell’utilizzo della Parola è stato un vescovo profondamente Conciliare» prosegue la direttrice della casa editrice. Don Tonino Bello ha ascoltato e parlato ai poveri, ha scritto centinaia di lettere rivolte agli ultimi, i “drop out”, ai ragazzi, a chi non trova pace. «Dei potenti conosciamo i nomi, don Tonino ci ha fatto conoscere quelli dei poveri» dice don Gianni. «Non abbiate paura che i giochi siano fatti, che sia inutile impegnarsi. La paura è la conseguenza dell’essere appiattito, calpestato. Alzatevi e levate il capo. Sono i verbi dell’anti-paura» recita don Tonino, in una delle omelie tutt’oggi disponibili su Youtube. Trent’anni dopo.

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