Due anni. È il tempo che dovrà attendere Piero Vernile, operaio dell’ex Ilva di Taranto, per effettuare una risonanza magnetica senza contrasto alla rachide cervicale.
«Come si fa a non lamentarsi della sanità pugliese? Oggi vado al Cup per prenotare una risonanza e mi danno la prima disponibilità per il 27 marzo 2027. Ma vi sembra una cosa normale? E come dire alle persone: andate altrove e a pagamento. È una vergogna», dice Vernile che si è recato al centro prenotazioni per fissare l’esame all’ospedale di Castellaneta.
L’uomo periodicamente avverte dolori, e vista l’attività che fa il medico gli ha prescritto di fare approfondimenti. «Sono schifato. La politica – aggiunge – non fa nulla, solo chiacchiere da salotto e campagne elettorali. Noi lavoratori dell’ex Ilva siamo esposti a cancerogeni, chissà sé tra due anni sarò ancora vivo. Questa è la Puglia e questo è lo Stato italiano».
Rafforzare l’impegno nella trasformazione digitale, nell’intelligenza artificiale, nella cyber security e nell’economia circolare. È questo l’obiettivo del nuovo polo di innovazione tecnologica e centro multifunzionale inaugurato dal gruppo Ovs a Bari, frutto di un investimento avviato nel 2023 con il sostegno della Regione Puglia.
Il polo è focalizzato sullo sviluppo di progetti digitali avanzati per il settore retail. Il centro multifunzione, operativo da gennaio in un immobile di 15mila metri quadrati nella zona industriale di Bari, è dedicato al recupero dei capi invenduti. L’impianto all’interno ha una capacità di ricondizionamento di 70mila capi al giorno, con l’obiettivo di raggiungere i 15 milioni di pezzi ricondizionati entro il 2026. Il processo è ottimizzato attraverso l’uso di tecnologie di automazione intelligente.
L’investimento complessivo per il progetto ammonta a 33 milioni di euro, di cui 19 milioni destinati all’ambito digitale e 14 milioni all’economia circolare. L’iniziativa ha già creato 55 posti di lavoro, coinvolgendo laureati specializzati in discipline digitali, esperti nella rilavorazione dei capi e personale per la gestione del centro. A regime, si prevede l’inserimento di 125 persone.
«L’attuazione di questo progetto rappresenta un obiettivo importante nel nostro piano di sviluppo in ambito di innovazione digitale e sostenibilità», afferma Stefano Beraldo, amministratore delegato di Ovs. «Abbiamo creato un polo tecnologico che sta contribuendo alla trasformazione digitale del Gruppo, mentre – sottolinea – il centro multifunzione per il riutilizzo dei capi sta dimostrando il suo potenziale nell’ambito dell’economia circolare. La Puglia si conferma un territorio dinamico, con una forte sinergia con istituzioni accademiche come il Politecnico di Bari, con cui collaboriamo attivamente», conclude Beraldo.
Il governatore pugliese Michele Emiliano evidenzia come il progetto dimostri la capacità della regione di attrarre grandi aziende grazie agli strumenti di agevolazione e a un ecosistema dell’innovazione funzionante. «Le grandi aziende scelgono la Puglia non solo per le agevolazioni, ma anche per le competenze che trovano qui», afferma.
Anche il sindaco di Bari, Vito Leccese, esprime soddisfazione per la scelta della città come sede del nuovo polo, evidenziando la sinergia interistituzionale e la collaborazione del Comune attraverso i servizi di Porta Futuro per la selezione del personale.
Francesco Cupertino, rettore del Politecnico di Bari, pone l’accento sulle «condizioni favorevoli» che le aziende «che vogliono investire nello sviluppo sostenibile» trovano a Bari. «Il Politecnico – dice -, con le sue competenze multidisciplinari, può aiutare le imprese a fare vera innovazione, con una valenza anche sociale».
È troppo oneroso per le casse regionali l’accordo per potenziare l’attività dei medici di base esaminato l’altro giorno dalla Giunta regionale pugliese. Il provvedimento, approdato per la seconda volta all’esame dell’esecutivo, resta congelato in attesa di riportare l’intesa al tavolo di negoziato con i sindacati per approvare un nuovo piano di incentivazione entro il 15 maggio con avvio effettivo dal primo giugno prossimo. Un mezzo pasticcio, insomma, che ha tenuto per quattro giorni impegnato l’assessore al bilancio Fabiano Amati e i suoi uffici, che hanno rivisitato da cima a fondo carte e conteggi. Un quadro peraltro già emerso nei mesi scorsi quando più di qualcuno aveva eccepito l’enorme impegno economico assunto per sostenere i medici di famiglia e l’impossibilità di finanziarlo attingendo dal salvadanaio europeo, soluzione questa ventilata dall’assessorato alla Salute.
Dubbi e passi indietro
Perplessità e rilievi tecnici sono pervenuti anche dalla Ragioneria che ha evidenziato un’uscita stratosferica di oltre 83 milioni di euro l’anno a carico del bilancio autonomo, 34 milioni in più di quello che era stato previsto inizialmente. Una cifra fuori standard considerando che nelle altre regioni, ad esempio la Lombardia che conta il doppio dei medici di famiglia della Puglia, l’accordo vale meno di 14 milioni di euro l’anno. Da qui la retromarcia dopo che l’accordo integrativo regionale fu approvato a settembre 2024, sulla base di un vecchio accordo quadro nazionale del 2022, con le firme di Fimmg, Smi, Snami e Uil Medici.
Gli incentivi
Adesso molti incentivi andranno rivisti al ribasso, ad esempio quello per incentivare la coabitazione di più studi medici onde assicurare la reperibilità H24 o per pagare i collaboratori di studio. Spese aggiuntive che la sanità pugliese non può permettersi dovendo fronteggiare un buco da circa 300 milioni di euro nel 2024, ad oggi dimezzato da una serie di voci di entrata come l’extragettito fiscale da 130 milioni, ma pur sempre elevato. La rivisitazione dovrebbe mantenere una serie di voci aggiuntive per i medici di famiglia, anche se inserite in un conto economico dai paletti rigidissimi. L’asticella dell’accordo integrativo resta di 83 milioni, ma riferita all’intero accordo spalmato su più anni. Il prelievo dalle casse regionali, invece, dovrà attestarsi attorno ai 27 milioni di euro al massimo con un budget per l’assistenza domiciliare fissato in circa 12 milioni di euro.
L’introduzione dei nuovi dazi sulle automobili potrebbe causare seri problemi al settore in Puglia, con conseguenze pesanti per l’intero indotto. A partire da aprile, i veicoli e i loro componenti saranno colpiti da una tariffa del 25%, mettendo a rischio un giro d’affari superiore a 11 milioni di euro per la regione. Secondo Davide Stasi, responsabile dell’Osservatorio economico Aforisma e cultore della materia in Economia politica all’Unisalento, lo scenario che si prospetta è allarmante: «Si prevede un effetto a catena lungo tutta la filiera».
La prospettiva
I numeri parlano chiaro. Il valore complessivo del comparto in Puglia ammonta a 11.252.788 euro, suddiviso tra autoveicoli (117.825 euro), carrozzerie, rimorchi e semirimorchi (206.581 euro), parti e accessori per autoveicoli e motori (8.778.188 euro) e altri mezzi di trasporto (2.150.194 euro). L’impatto dei dazi su questi settori potrebbe ridurre drasticamente la quantità di merci esportate negli Stati Uniti, uno dei mercati di riferimento per molte aziende italiane. «Con l’introduzione di nuovi dazi – spiega Stasi – il destinatario della merce dovrà pagare di più, rendendo l’acquisto meno conveniente. Questo potrebbe portare a una riduzione delle quantità acquistate o addirittura alla cessazione delle importazioni da parte degli USA. Il risultato sarebbe un calo delle esportazioni per la Puglia e una contrazione del mercato».
Le conseguenze
Le ripercussioni potrebbero non limitarsi solo al breve termine. Se le imprese esportatrici più grandi, in grado di internazionalizzarsi, decidessero di trasferire parte della produzione direttamente negli Stati Uniti per bypassare i dazi, l’economia pugliese subirebbe una perdita strutturale di capacità produttiva. Questo scenario sarebbe particolarmente critico per le aziende più piccole e meno attrezzate per affrontare un simile cambiamento. Ma il problema non riguarda soltanto le imprese direttamente coinvolte nell’export verso gli USA.
«Il primo effetto collaterale – sottolinea Stasi – è la distorsione dei flussi commerciali: il mercato americano diventerebbe off-limits e le esportazioni dovrebbero cercare nuove destinazioni, con costi e difficoltà aggiuntive». Un altro effetto si manifesterebbe attraverso le catene globali del valore: se un’azienda vende meno negli Stati Uniti, riduce a sua volta gli acquisti da fornitori locali ed esteri, creando un effetto domino su tutta la filiera produttiva.
La situazione, insomma, potrebbe degenerare in una spirale difficile da spezzare. L’aumento dei costi dovuto ai dazi sarà trasferito sugli acquirenti finali, che potrebbero dover affrontare prezzi più alti, tagli ai margini di profitto e una riduzione della produzione. Questo abbasserebbe la competitività delle aziende italiane sui mercati internazionali, penalizzando ulteriormente le esportazioni.
Sull’invio di truppe italiane sul fronte ucraino la Meloni non transige, ribadendo la sua posizione anche a Parigi durante il vertice dei volenterosi. Seppur non direttamente con sue dichiarazioni ufficiali, la voce della presidente del Consiglio è emersa tra le righe della nota di Palazzo Chigi, rilasciata a termine delle tre ore di colloquio all’Eliseo.
«L’incontro ha permesso di ribadire l’impegno dei partner europei e occidentali per una pace giusta e duratura, che necessita del continuo sostegno all’Ucraina e di garanzie di sicurezza solide e credibili da ritrovare nel contesto euroatlantico» e poi sulle truppe: «Non è prevista alcuna partecipazione nazionale ad una eventuale forza militare sul terreno».
Lavorare con gli Usa
Per la presidente del Consiglio, durante i prossimi incontri per dibattere sul futuro dell’Ucraina, sarebbe necessaria la partecipazione degli Stati Uniti. «Il Presidente Meloni ha sottolineato l’importanza di continuare a lavorare con gli Stati Uniti per fermare il conflitto e raggiungere una pace che assicuri la sovranità e la sicurezza dell’Ucraina – è scritto nella nota – Auspicando il coinvolgimento di una delegazione americana al prossimo incontro di coordinamento».
In merito all’accordo di cessate il fuoco parziale più o meno concordato tra Ucraina e Russia invece la presidente del Consiglio ha proposto di estenderlo anche alle infrastrutture civili, come le scuole e gli ospedali, con lo scopo ultimo di raggiungere una tregua totale.
L’estensione dell’articolo 5
L’unica soluzione, come già anticipato durante il Consiglio dei Ministri preliminare al vertice dei volenterosi, sarebbe quella di estendere l’articolo 5 del Trattato Nato, per consentire quindi la sicurrezza dell’Ucraina, anche senza l’adesione concreta di Kiev all’Alleanza Atlantica. Sull’ipotesi italiana, hanno fatto sapere da Palazzo Chigi, il presidente francese Emmanuel Macron, ha colto l’opportunità per un approfondimento tecnico.
Concordi sulle sanzioni
In merito alla decisione di non sospendere le sanzioni alla Federazione russa è intervenuto il vicepremier Antonio Tajani. «Visto che sui negoziati non è chiara la risposta dei russi, si mantengono le sanzioni alla Russia». Tajani è poi tornato sulla proposta italiana di estendere l’articolo 5 della Nato a Kiev. «Si sta studiando questo, si è deciso di fare tre gruppi di lavoro per approfondire alcune questioni, una di queste è proprio l’articolo 5, poi per la parte militare, e quindi poi vedere la situazione sul campo e le sanzioni».
Oltre le diagnosi, le parole c’è chi in Basilicata porta a termine progetti che appaiono difficili, impossibili, ma che, se si è uniti in associazioni, diventano reali. Ebbene sì, oggi a Senise, nel complesso monumentale di San Francesco sarà presentato PeperonAut. Che è un luogo dove sì, si fanno peperoni cruschi, ma chi li fa, oltre ad avere mani laboriose, ha una mente speciale: il progetto infatti prevede l’inclusione nel mondo del lavoro di ragazzi e giovani uomini e donne autistici.
Il prodotto
In realtà i giovani artigiani del crusco da tempo sono impegnati nel progetto “PeperonAut – Coltiviamo l’inclusione”, promosso da Anffas Policoro e da un gruppo di famiglie che hanno creduto nel progetto, ma soprattutto nei loro figli, affinché avessero una possibilità di futuro. Perchè avere un cervello che funziona diversamente, non significa non poter fare. Anzi. E questi ragazzi lo dimostrano ogni giorno. La bellezza del progetto è anche quella identitaria, ovvero questi giovanissimi con autismo producono un prodotto della loro terra: il peperone crusco che solo in Lucania si può trovare.
La cooperativa
Come è stato possibile tutto questo? Mettendo su una cooperativa. E vincendo un bando regionale sull’inclusione 44mila euro per partire e poi mettere insieme sponsor. I ragazzi si sono formati presso aziende del territorio sono stati seguiti. E ora insomma si presentano pronti per entrare nel mondo del lavoro. Ecco oggi pomeriggio ci sarà la presentazione del progetto, ormai maturo.
Oltre alle autorità ci sono le imprese che prenderanno parte all’evento. Tante. Tra queste anche Mc Donald che è interessata non solo a capire come includere, ma anche al prodotto finito.
«Il nostro obiettivo è dare un futuro a questi ragazzi che possono fare, non si deve solo pensare che debbano essere solo assistiti. Possono imparare – dice il presidente di Anffas Policoro, Giuseppe Tataranno – Il progetto lo abbiamo presentato due anni fa ad ExpoAid di Rimini, essendo stato preso in considerazione dal ministero delle disabilità come progetto pilota innovativo. Lo abbiamo poi candidato al bando della Regione Basilicata a valere sul fondo inclusione ed è stato finanziato per la somma richiesta. L’investimento strutturale però è cospicuo e per questo abbiamo ricevuto il sostegno di aziende e fondazioni, oltre a quello del Gal La Cittadella del sapere che ha sposato l’idea ed è praticamente partner istituzionale».
E ora? Ora bisogna solo lanciare sul mercato un prodotto identitario, speciale e di grande bontà.
Inizieranno domani i lavori di messa in sicurezza dello stabile di via Pinto 16 a Bari, adiacente al palazzo crollato il 5 marzo in via De Amicis. L’intervento, del valore di circa 60mila euro, è stato affidato alla ditta Resta srl e dovrebbe durare circa due settimane.
La decisione di procedere con i lavori è stata presa dal condominio la scorsa settimana, dopo aver incaricato avvocati e ingegneri per valutare gli interventi necessari. L’assemblea condominiale ha approvato i lavori sabato scorso.
La messa in sicurezza era stata ordinata dal Comune di Bari, che aveva imposto ai proprietari degli appartamenti di completare i lavori entro sette giorni dalla fine della demolizione controllata delle parti pericolanti dell’edificio crollato.
La Procura di Bari ha aperto un’inchiesta per crollo colposo a carico di ignoti in relazione al collasso dello stabile di via De Amicis.
«Qui mi sento proprio a casa. A dire il vero, ogni volta che vengo in Italia mi sento a casa, perché l’Italia, senza dubbio, è il mio Paese d’adozione». Con queste parole Tahar Ben Jelloun, scrittore, poeta e saggista franco-marocchino, ha ringraziato Bari e il sindaco Vito Leccese in occasione della consegna delle chiavi della città avvenuta nel corso di una cerimonia che si è svolta oggi a Palazzo di Città.
L’evento, che ha visto la partecipazione del direttore artistico del Bif&st Oscar Iarussi, della presidente dell’Apulia film commission Anna Maria Tosto, di assessori e consiglieri comunali, ha sancito il profondo legame tra la città di Bari e l’intellettuale di fama internazionale, più volte candidato al premio Nobel per la Letteratura e presidente della giuria del concorso Meridiana del Bif&st 2025.
A fare gli onori di casa è stato il sindaco Leccese, che ha personalmente consegnato le chiavi della città a Ben Jelloun.
Nel suo intervento, il primo cittadino ha ripercorso il suo personale incontro con la narrativa dello scrittore, risalente agli inizi degli anni ’90 con la lettura del romanzo “La creatura di sabbia“. Leccese ha sottolineato come la scrittura «semplice e luminosa» di Ben Jelloun offra spunti di riflessione su temi di grande attualità, tracciando un ideale filo conduttore tra il «pensiero inquieto di Albert Camus» e il «pensiero meridiano di Franco Cassano», individuando nello scrittore franco-marocchino un erede di quella «mediterraneità» dalle «radici culturali profondissime».
Il sindaco ha poi evidenziato la capacità del Mediterraneo di «unire con le proprie acque popoli e nazioni», richiamando il sogno di Giorgio La Pira di un «mare di Galilea più grande». Leccese ha accostato le atmosfere e i paesaggi mediterranei presenti nelle opere di Ben Jelloun ai valori fondanti di Bari: «È proprio in questo messaggio, tanto potente quanto semplice e attuale, che noi ritroviamo i valori nicolaiani di accoglienza e pace, che fanno parte del codice genetico di questa città, che si accinge a consegnarti le chiavi del suo cuore».
La cerimonia è proseguita con la lettura del testo della pergamena che accompagnava le chiavi, nella quale si riconosce in Tahar Ben Jelloun una “voce libera e preziosa, capace di costruire mondi e di svelare i meccanismi psicologici e culturali del razzismo e della discriminazione”.
Tahar Ben Jelloun ha ripercorso il suo rapporto con l’Italia, ricordando gli anni in cui è stato accolto, pubblicato e invitato a scrivere per quotidiani italiani. Ha poi condiviso riflessioni sul significato del Mediterraneo e dell’essere mediterranei, richiamando i valori di «solidarietà, accoglienza e fraternità» in contrasto con una realtà spesso dominata da «gente molto potente che idolatra il denaro e le armi».
Ben Jelloun ha inoltre sottolineato il ruolo dello scrittore come «testimone della sua epoca», un testimone non neutrale che si fa portavoce dei valori dell’umanesimo. Ha ricordato con gratitudine l’insegnamento paterno di un Islam essenziale, basato sul rispetto e sulla fratellanza. Infine, ha espresso il suo apprezzamento per la cultura e la gastronomia pugliese, ringraziando tutti coloro che hanno reso possibile questo riconoscimento.
Prima della cerimonia, Tahar Ben Jelloun ha lasciato un messaggio sul Libro d’onore della Città, esprimendo il suo “grande onore, piacere, gioia e gran segno di amicizia”. Al termine dell’incontro, il sindaco Leccese ha omaggiato lo scrittore con una scultura in ceramica raffigurante un ulivo, simbolo di pace.
La risposta più rapida per far fronte alla crisi idrica è dotare le regioni italiane di dissalatori. A sostenerlo è il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano. Nel lungo periodo, invece, si può pensare a un collegamento per la distribuzione dell’acqua tra Molise e Puglia oppure a un acquedotto tra Albania e Puglia.
Il governatore pugliese è intervenuto alla giornata d’apertura dei lavori della Commissione intermediterranea e il Political bureau della Conferenza delle Regioni periferiche marittime d’Europa (Crpm), organismo a cui aderiscono 160 Regioni europee di 28 Stati.
All’incontro erano presenti, tra gli altri, il presidente del Crpm Filip Reinhag e il segretario generale Davide Strangis.
«Noi abbiamo proposto e proporremo al commissario per l’emergenza idrica, l’Acquedotto pugliese (Aqp) come soggetto comune a tutte le regioni del Mezzogiorno per la distribuzione dell’acqua in tutto il Sud», ha spiegato Emiliano. Il governatore ha evidenziato che sull’Acquedotto pugliese «abbiamo in corso investimenti per 630 milioni, ne sono stati programmati altri per 730 milioni, mancano 1,3 miliardi di investimenti che devono essere messi a disposizione dal Governo, perché l’acqua non è una questione regionale ma nazionale».
Le soluzioni per la crisi idrica «non sono mai a impatto zero»
Le soluzioni per la crisi idrica, ha spiegato più nel dettaglio Emiliano, «non sono mai ad impatto zero, c’è sempre un contrappeso e un prezzo da pagare. Nel momento in cui, come io penso, di fronte ad una crisi climatica non reversibile nel medio-lungo periodo, c’è la necessità di dotare le regioni italiane e la Puglia di dissalatori, questi dissalatori non sono una panacea assoluta. Ti procurano l’acqua di cui necessiti, ma vanno alimentati, l’energia va prodotta, possibilmente con l’eolico o fotovoltaico, ma poi bisogna gestire i residui, le cosiddette salamoie, che vanno riposizionate nell’ambiente e l’aumento improvviso della salinità di tutti i sistemi di dissalazione non è privo di conseguenze sull’habitat».
In alternativa ai dissalatori, «nel lungo periodo, si può pensare a un collegamento, in particolare col Molise, che potrebbe razionalizzare la distribuzione dell’acqua in Molise e in Puglia. Altra cosa che si può fare nel medio-lungo periodo è quella di costruire un acquedotto con l’Albania, che continua a buttare in mare grandi quantitativi di acqua». Per Emiliano, dunque, «tutte le soluzioni possibili per consentire all’umanità di sopravvivere hanno un impatto ambientale. L’impatto zero non esiste. Vedo che c’è ancora un ambientalismo che pretenderebbe soluzioni miracolose che onestamente la tecnologia non ci propone».
«Serve energia a basso costo»
Per il governatore della Puglia un’altra sfida da affrontare per fronteggiare la crisi idrica e i cambiamenti climatici è a livello energetico: «Bisogna capire – ha sottolineato – come produrre l’energia necessaria per la desalinizzazione e per scavalcare le montagne, perché l’Acquedotto pugliese è uno dei principali consumatori di energia elettrica in Puglia in quanto le pompe elettriche consumano moltissimo. Quindi, Aqp deve avere la possibilità di produrre (o procurarsi) energia a basso costo. La sfida dell’Italia è quella di ottenere energia allo stesso prezzo dei suoi concorrenti mondiali perché noi continuiamo a pagare l’energia 4-5 volte più dei nostri concorrenti».
La Conferenza delle Regioni periferiche marittime d’Europa
L’evento in corso a Bari, ha concluso Emiliano, «ci consentirà di esporre alla comunità delle regioni europee tutte le conquiste e tutte le idee che la Regione Puglia ha messo in campo in questi anni per la transizione energetica, e per costruire politiche a favore dell’ambiente e della salute delle persone assieme all’efficientamento del sistema economico».
Alla conferenza stampa hanno partecipato anche l’assessora regionale all’Ambiente, Serena Triggiani, il presidente del Crpm Filip Reinhag, con il segretario generale Davide Strangis, e il direttore generale Asset, Elio Sannicandro. Secondo l’assessora Triggiani, per la Puglia sono stati individuati «otto pericoli prioritari» legati alla crisi climatica.
I primi tre sono «alluvioni, allagamenti e siccità». Questo, ha concluso, «consente di adottare azioni per fronteggiare le eventuali emergenze».
Un’importante operazione congiunta dell’Ufficio delle Dogane di Brindisi e della Guardia di Finanza ha portato alla devoluzione in beneficenza di oltre 9mila paia di scarpe contraffatte. Le calzature erano state sequestrate nel porto di Brindisi, grazie a un’analisi dei rischi congiunta delle due forze, su un automezzo proveniente dalla Grecia.
Dopo la convalida del sequestro, il Tribunale di Brindisi ha accolto la richiesta di destinare le scarpe a organizzazioni di volontariato ed enti benefici locali e nazionali, anziché distruggerle. Questa decisione ha permesso di fornire un sostegno concreto alle fasce di popolazione in difficoltà e di generare un significativo risparmio per le casse pubbliche, evitando i costi di distruzione.
L’iniziativa rappresenta la “dimensione sociale” dell’Agenzia Dogane e Monopoli e della Guardia di Finanza, che negli ultimi quattro anni hanno devoluto in beneficenza a Brindisi oltre 186mila capi di abbigliamento, tra cui le scarpe sequestrate, a diverse associazioni e enti caritatevoli. Questo dimostra come la repressione delle attività illecite nel porto possa tradursi in gesti concreti di solidarietà a favore dei più bisognosi.