8 marzo, Capone: «Alle donne non serve una festa ma rispetto e diritti». Con “Futura” una battaglia di civiltà

«Le donne non hanno bisogno di essere festeggiate, hanno bisogno di essere rispettate e di godere degli stessi diritti degli uomini. Non servono cerimonie un giorno l’anno, serve, invece, che se ne parli tutti i giorni». Lo ha detto la presidente del Consiglio regionale della Puglia, Loredana Capone, nel commentare le iniziative previste per domani, 8 marzo, nell’ambito del bando “Futura – La Puglia per la parità”.

Dallo spettacolo di musica e reading dal titolo “Le donne del Sud dagli anni ‘30 agli anni ‘60: protagoniste o comparse della storia italiana?” a Bari, all’incontro “Tracce del nostro cammino. Le donne del Gargano si raccontano” a San Severo, al laboratorio “Michelone racconta il paese” a San Michele Salentino, un cartellone che, nel solo mese di marzo, conta oltre venti appuntamenti, dal Gargano al Salento, per un totale di 105 progetti finanziati e 315mila euro investiti.

«Con l’aiuto dell’arte e della cultura – ha aggiunto Capone – proviamo a fare di questa grande battaglia di civiltà, che ancora in pochi sentono davvero sulla pelle, una consapevolezza diffusa e una responsabilità collettiva. La parità tra i generi non conviene solo alle donne, conviene a tutti e tutti devono occuparsene. La Puglia può e deve fare di più per le donne pugliesi ed è per questo che, insieme a questo bando, abbiamo voluto la legge sulla parità salariale, quella sullo psicologo di base, che arriverà in aula nelle prossime settimane, e pochi giorni fa abbiamo presentato una mozione per garantire a tutte, a prescindere dalle proprie condizioni economiche, di fruire gratuitamente del servizio, previsto dal Sistema Sanitario Nazionale, di assistenza ostetrica domiciliare», ha proseguito la presidente del Consiglio regionale pugliese.

E se, infatti, l’occupazione sembra crescere in Italia, il divario di genere invece non cambia.

Lo conferma l’ultimo bollettino Istat pubblicato il 31 gennaio che fotografa una situazione poco incoraggiante per le donne: su 334mila occupati in più registrati in un anno, 296mila sono uomini (oltre l’88%) e 38mila donne. Con un tasso di occupazione femminile che si attesta al 51,3%, cioè lo 0,5% in più rispetto a un anno prima. Percentuale che si traduce in 9.763.000 donne occupate contro 13.452.000 uomini.

Il dato risulta tra i peggiori d’Europa se confrontato con la media Ue delle donne occupate (62,7%). A questo si devono aggiungere sia il tasso di disoccupazione femminile, che resta cristallizzato al 9,1% contro il 6,8% degli uomini (divario che aumenta per la fascia d’età fra i 15 e i 24 anni), sia la sfera della non partecipazione che vede ancora penalizzate le donne con un tasso di inattività del 43,4% contro il 25,2% degli uomini. E a Istat si aggiunge il report 2022 Gender policies, la pubblicazione dell’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche, che ogni anno monitora le differenze di genere nel mondo del lavoro. Le statistiche evidenziano che il divario uomo-donna resta immutato nel tempo e sempre sbilanciato sulla componente maschile perché la partecipazione femminile è ancora oggi ostaggio di criticità strutturali: occupazione ridotta, precaria, part time, e in settori a bassa remuneratività o poco strategici. In sostanza, la situazione femminile, pur migliorata in termini assoluti, peggiora in termini relativi.

«Bisogna partire dalle piccole cose – ha concluso Capone – non dare nulla per scontato. Il pregiudizio ha radici profonde e ci vuole pazienza e costanza per cambiare davvero le cose. D’altra parte oggi più che mai i tempi sembrano maturi. Intorno a noi, dalle imprese alle Istituzioni, le donne dimostrano di riuscire a conquistare sempre più ruoli di primo piano. Consapevolezza e determinazione possono cambiare il corso degli eventi ma perché il cambiamento sia definitivo è fondamentale che vi sia l’impegno di tutti».

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