Russia e Ucraina proveranno a incontrarsi oggi, al confine con la Bielorussia vicino al fiume Pripyat, per cercare un’intesa che possa riportare la pace nel Paese invaso e colpito da ormai cinque giorni. I lavori fra le delegazioni sarebbero già cominciati in modo informale, il vertice di oggi potrebbe dunque portare novità alle quali però il presidente ucraino Volodymyr Zelensky crede poco. «Lo dirò con franchezza – fa sapere – Non credo molto all’esito di questo incontro, ma proviamoci».
L’obiettivo di Kiev non è però la resa. «Non c’è niente di male nel parlare e se il risultato è la pace sarà la benvenuta – dice il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba – Ma non ci arrenderemo, non capitoleremo, non cederemo neanche un centimetro del nostro territorio. Non è questo l’obiettivo della nostra lotta». Nel frattempo la battaglia prosegue senza sosta in tutto il Paese. Mentre Vladimir Putin ha utilizzato anche la minaccia nucleare contro la Nato, “rea” di aver disposto dure sanzioni contro Mosca. Il presidente russo ha così ordinato l’allerta del sistema difensivo nucleare russo. «I Paesi occidentali non solo stanno prendendo azioni economiche non amichevoli contro il nostro Paese, ma i leader dei principali Paesi della Nato stanno facendo dichiarazioni aggressive sul nostro Paese», ha aggiunto il capo del Cremlino. Immediata a durissima la riposta degli Stati Uniti: il cambio di passo sul nucleare costituisce «un’escalation» che rischia di sfociare in un errore di calcolo – fa sapere il Pentagono – Non solo è un passo non necessario ma è uno di escalation che può rendere le cose molto più pericolose». Da parte sua la Nato conferma però la volontà di sostenere la difesa di Kiev. Proprio ieri gli alleati hanno disposto l’invio di migliaia di armi anticarro, di centinaia di missili per la difesa aerea e di migliaia di armi leggere e munizioni. Lo rende la Nato stessa spiegando che «Belgio, Canada, Repubblica Ceca, Estonia, Francia, Germania, Grecia, Lettonia, Lituania, Paesi Bassi, Portogallo, Romania, Slovacchia, Slovenia, Regno Unito e Stati Uniti hanno già inviato o stanno approvando consegne significative», mentre «l’Italia sta provvedendo a un sostegno finanziario».