Ucraina, Draghi: «Reazione rapida e ferma»

È ancora una giornata tutta dedicata alla guerra in Ucraina quella di Mario Draghi. Dopo l’ok lunedì sera in Consiglio dei ministri sull’invio di armi all’esercito di Kiev, il premier ottiene il voto a larghissima maggioranza prima del Senato e poi alla Camera su una risoluzione che ricalca la posizione europea: massimo sostegno all’Ucraina e sanzioni sempre più dure alla Russia se non abbandonerà i territori illegittimamente occupati.

Ma è un Draghi che non può fare sconti alle forze politiche. Aveva chiesto compattezza su un’assunzione condivisa delle responsabilità. Che, dal suo punto di vista, vuol dire prima di tutto usare parole di verità al Paese. Questa guerra avrà dei prezzi e richiederà sacrifici economici. Ma non c’è altra strada quando vengono attaccati i principi della democrazia e della pace che l’Europa ha saputo garantirsi per più di 70 anni. E poi la ricerca della pace, certo, ma per come stanno adesso le cose è difficile credere che il lavoro diplomatico giunga a qualcosa.
Le ore che hanno preceduto il suo discorso al Parlamento non sono state semplici. Prima i distinguo di Salvini, poi quelli interni ai 5 Stelle sugli aiuti militari all’Ucraina hanno preoccupato Palazzo Chigi. C’è stato un lavoro di mediazione e alla fine le perplessità sulla linea del governo sono rientrate. Intanto al Parlamento europeo Zelensky chiede l’ingresso dell’Ucraina nell’Ue («stiamo morendo per essere come voi») e Ursula Von der Leyen dice che questo per l’Europa è il momento della verità. «Per questo – fa capire Draghi ai parlamentari – sarebbe una follia se l’Italia mettesse in dubbio l’unità d’azione dell’Europa. Se c’è una cosa che Putin ha sottovalutato è stata la velocità e la forza della nostra reazione».
Il presidente del Consiglio rimarca con forza questo passaggio perché qui si sta scrivendo una pagina di storia. Una pagina nella quale l’Italia «non può voltarsi dall’altra parte ma deve stare dalla parte dei costruttori di un mondo più giusto e più umano». Deve cioè restare dalla parte dei suoi principi fondativi. Per il resto, il governo farà tutto il possibile per scongiurare la crisi energetica. L’inverno è quasi finito e le scorte sono sufficienti. Ma servono rapide iniziative per non essere più dipendenti dalla Russia. E da nessun altro, lascia capire.

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