Salute, ambiente e lavoro sono le parole d’ordine della piattaforma su cui si basa la manifestazione del 23 aprile prossimo organizzata da Associazioni Riunite e denominata “L’onda del futuro” a cui hanno aderito oltre una cinquantina di associazioni di Taranto e provincia. L’iniziativa è stata presentata ieri mattina in strada via Alto Adige sotto al manifesto dove si sono alternati i giovani che vogliono che Taranto risorga.
L’onda del futuro sono i giovani, gli adolescenti, i bambini e le prossime generazioni. Saranno proprio i bambini ad aprire il corteo che partirà martedì alle 17,00 dal piazzale Bestat per arrivare al parco archeologico della Mura Greche dove sono previsti interventi e musica. Per più piccoli uno spazio con canestri e palloni messi a disposizione da alcune società dilettantistiche tarantine. Quella del 23, hanno rimarcato gli organizzatori, è solo la prima tappa di un percorso da fare come comunità per pretendere il rispetto della dignità del territorio, delle persone e del lavoro sostenibile a favore di un futuro vivibile per tutti con la chiusura della grande industria e le bonifiche fatte dai dipendenti in forza all’acciaieria.
«La fabbrica per noi è già morta» afferma perentorio Massimo Castellana dell’associazione Genitori Tarantini «attendiamo entro la fine di maggio le decisioni della Corte di Giustizia Europea. Il nostro obiettivo è il futuro. I prossimi diciottenni dovranno poter decidere se rimanere a Taranto oppure partire non come accade oggi che invece sono costretti ad andare via. Taranto e la sua provincia devono poter mettere a frutto le enormi potenzialità che non sono solo la fabbrica». «Occorre fermare le emissioni dell’ex Ilva che sono alla base di gravi danni alla salute e all’ambiente e al contempo avanziamo la richiesta di un risarcimento alla comunità e di un nuovo sviluppo che parta dalla rigenerazione del territorio» è quanto dichiarato da Associazioni Riunite «abbiamo due esigenze imprescindibili fermare questo sistema per impedirgli di continuare a procurare danni e sostituirlo con un programma di sviluppo che parta dalla rigenerazione del territorio e dal risarcimento alle comunità, per costruire un futuro concretamente vivibile».