Stop alla pesca da Brindisi a Taranto: dopo l’Adriatico, scatta il blocco delle attività anche nello Ionio

Stop al pesce fresco a tavola per l’avvio del fermo pesca che porta al blocco delle attività della flotta italiana dallo Ionio al Tirreno, in Puglia nel tratto di costa da Brindisi fino a Taranto, che va ad aggiungersi a quello già attivo in tutto l’Adriatico, dove le attività riprenderanno il 9 settembre prossimo ma solo in alcuni tratti del litorale.

A darne notizia è Coldiretti Impresapesca Puglia che sottolinea come, però, «nonostante l’interruzione dell’attività sulle tavole delle regioni interessate sarà comunque possibile trovare prodotto italiano, dal pesce azzurro come le alici e le sarde, al pesce spada, e inoltre a spigole, orate, sogliole, cannocchie, vongole e cozze provenienti dalle barche della piccola pesca, dalle draghe e dall’acquacoltura. Il consiglio – affermano da Coldiretti – è dunque quello di verificare bene le informazioni in etichetta sui banchi di pescherie e supermercati, ma per assicurare reale trasparenza occorrerebbe arrivare all’etichettatura obbligatoria dell’origine anche al ristorante».

Il settore della pesca e dell’acquacoltura in Puglia vale 225 milioni di euro, secondo i dati Crea, con una flotta operante lungo le coste pugliesi costituita da 1.455 battelli che rappresenta il 12,3% del totale nazionale, il 10,5% del tonnellaggio e il 12% della potenza motore, con le aree vocate di Manfredonia, Molfetta, sud Barese, Salento, dove il pescato più importante è costituito da gamberi, scampi, merluzzi, oltre agli allevamenti in mare aperto di spigole, ombrine e orate.

«Il fermo cade quest’anno in un momento difficile – denuncia Coldiretti Impresapesca – con la spada di Damocle delle nuove linee di indirizzo del Commissario alla Pesca e all’Ambiente Virginijus Sinkevicius che pende sulla flotta Italia. La misura più dirompente – sottolinea l’organizzazione – è il divieto del sistema di pesca a strascico. Ma le nuove linee prevedono anche la restrizione delle aree di pesca con tagli fino al 30% di quelle attuali, denuncia Coldiretti Impresapesca, con scadenze ravvicinate nel 2024, 2027 per concludersi nel 2030. Resta poi il problema che l’assetto del fermo pesca 2023 non in tutti gli areali risponde ancora alle esigenze delle aziende né a quelle di sostenibilità delle principali specie target della pesca nazionale, tanto che lo stato di alcune risorse che il fermo vorrebbe tutelare, in una delicata fase di vita, nei 38 anni di fermo pesca non è gran che migliorato nonostante gli sforzi e le restrizioni messe in atto dalla flotta nazionale che ha visto una contrazione perdendo circa il 33% delle unità da pesca e 18000 posti di lavoro», evidenzia Coldiretti Impresapesca.

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