«Dopo questa sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea non si può continuare a far finta di nulla». Lo afferma Cosimo Borraccino, consigliere del presidente della Regione Puglia Michele Emiliano per l’attuazione del Piano per Taranto, che invita il governo a «prendere una decisione importante».
Quella della Corte Ue è una sentenza che «non si può non definire storica per Taranto e per i suoi cittadini», sottolinea Borraccino, ricordando che «già nel 2019 la Corte europea dei Diritti dell’uomo (Cedu) ha accertato che l’acciaieria provocava significativi effetti dannosi sull’ambiente e sulla salute degli abitanti della zona».
La sentenza di oggi, ricorda ancora il consigliere di Emiliano, «specifica che varie misure per la riduzione del suo impatto sono state previste sin dal 2012, ma i termini stabiliti per la loro attuazione sono stati ripetutamente differiti».
Borraccino rileva che la «sentenza la Corte di giustizia europea ha sottolineato anzitutto lo stretto collegamento tra la protezione dell’ambiente e quella della salute umana, che costituiscono obiettivi chiave del diritto dell’Unione, garantiti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea; che la direttiva contribuisce al conseguimento di tali obiettivi e alla salvaguardia del diritto di vivere in un ambiente atto a garantire la salute e il benessere. Mentre, secondo il governo italiano, la direttiva non fa alcun riferimento alla valutazione del danno sanitario, la Corte rileva che la nozione di “inquinamento” ai sensi di tale direttiva include i danni tanto all’ambiente quanto alla salute umana».
Il consigliere per l’attuazione del Piano per Taranto sottolinea ancora che «secondo il Tribunale di Milano, tale presupposto non è stato rispettato per quanto riguarda il danno sanitario. Il gestore, oggi quindi il Governo, deve valutare tali impatti durante tutto il periodo di esercizio della sua installazione. Inoltre – continua -, sempre secondo il Tribunale di Milano, le norme speciali applicabili all’acciaieria Ilva hanno consentito di rilasciarle un’autorizzazione ambientale e di riesaminarla senza considerare talune sostanze inquinanti o i loro effetti nocivi sulla popolazione circostante».
Borraccino spiega che «la Corte inoltre afferma che, contrariamente a quanto sostenuto dall’Ilva e dal Governo italiano, il procedimento di riesame non può limitarsi a fissare valori limite per le sostanze inquinanti la cui emissione era prevedibile. Occorre invece tener conto anche delle emissioni effettivamente generate dall’installazione nel corso del suo esercizio e relative ad altre sostanze inquinanti. In caso di violazione delle condizioni di autorizzazione all’esercizio dell’installazione, il gestore deve adottare immediatamente le misure necessarie per garantire il ripristino della conformità della sua installazione a tali condizioni nel più breve tempo possibile».
Il passaggio cruciale della sentenza, per il consigliere di Emiliano, è che «in caso di pericoli gravi e rilevanti per l’integrità dell’ambiente e della salute umana, il termine per applicare le misure di protezione previste dall’autorizzazione all’esercizio non può essere prorogato ripetutamente e l’esercizio dell’installazione “deve essere sospeso”».
Borraccino conclude specificando che «la Corte non risolve la controversia nazionale. Spetta al giudice nazionale, in tal caso il Tribunale di Milano, risolvere la causa conformemente alla decisione della Corte. Tuttavia il Governo nazionale non può far finta di nulla rispetto a questa sentenza per le ricadute sui cittadini di Taranto».