Mittal, verso un divorzio consensuale. I sindacati: «Garanzie a operai e non per il Cda di Acciaierie»

Un “divorzio consensuale” con ArcelorMittal. È a questo che il Governo sta lavorando in queste ore per evitare un lungo contenzioso legale sulla gestione di Acciaierie d’Italia. I legali sono all’opera per prefigurare questo scenario e avranno tempo fino a mercoledì per definire una strategia. Sono questi i tempi che i ministri hanno illustrato ai sindacati ieri sera, nel faccia a faccia convocato dopo che le trattative con i francoindiani erano saltate lo scorso lunedì. «Non ci sarà nessun passo indietro», ha garantito ai rappresentanti dei lavoratori il sottosegretario Alfredo Mantovano. «Da oggi a mercoledì è il tempo necessario a definire il divorzio. Mittal comunque è fuori». Un impegno netto, dunque, che rompe con il passato e che non potrà non passare da una amministrazione straordinaria di Acciaierie d’Italia.

Per l’Esecutivo hanno preso parte all’incontro per l’esecutivo sono presenti i ministri delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, del Lavoro, Marina Calderone, degli Affari Ue, Sud e Pnrr, Raffaele Fitto, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, e in collegamento il responsabile del Mef, Giancarlo Giorgetti. «L’unica cosa che deve esserci è la centralità del lavoro, la garanzia occupazionale di lavoratori e lavoratrici di tutti gli stabilimenti ex Ilva, perché quello che non può succedere è che qualcuno pensi che ci siano le condizioni perché si salvino l’ad e il consiglio di amministrazione e non si salvaguardi l’occupazione», ha affermato entrando a Palazzo Chigi il segretario generale della Fiom Cgil Michele De Palma. Sul tema la ministra Calderone ha sottolineato che «massima attenzione è al non disperdere le competenze dei lavoratori e tutelare tutti i lavoratori di Ilva».

Rocco Palombella, numero uno della Uilm, è tornato a chiedere che la maggioranza delle quote societarie di Acciaierie d’Italia tornino nelle mani dello Stato, tramite la conversione dei 680 milioni già stanziati in aumento di capitale. Una ipotesi più che realistica sin da subito, non appena verrà trovato un accordo per romprere con Mittal. «Il Governo ci aveva detto che c’erano tre scenari. Ora vogliamo capire quali sono», ha affermato Palombella. «Per noi ce n’è uno solo: Arcelor Mittal non c’è più, ha buttato la maschera. Il governo dica come intende esercitare un suo diritto, quello di convertire i 680 milioni in aumento di capitale. Questo gli consente di avere la maggioranza». Pur condividendo l’idea di una nazionalizzazione temporanea del Gruppo, i tre principali sindacati mettono le mani avanti rispetto alla temporaneità del provvedimento. Per Roberto Benaglia, segretario generale della Fim Cisl, «sarà molto importante trovare nuovi imprenditori ma credo che non sia la questione, da qui alla settimana prossima, più urgente. Urge, invece, trovare un assetto, una formula gestionale e societaria con cui l’azienda va avanti cambiando la gestione senza più gli attuali amministratori e mettendo i soldi».

In merito ai futuri scenari che riguardano Acciaierie d’Italia, nel pomeriggio di ieri è intervenuto anche l’ex ministro all’Ambiente Corrado Clini. «La prima cosa, fattibile», ha affermato, «è completare il risanamento degli altiforni e sostituire parzialmente l’alimentazione a carbone coke con le plastiche. Le plastiche da raccolta differenziata in Italia vengono oggi esportate in parte in Austria a Linz. Le soluzioni ci sono già e trovano già imprese italiane di qualità con progetti finanziati dal Pnrr. Bisogna solo avere la voglia di tenere l’Ilva sul mercato», ha concluso Corrado Clini.

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