«L’idrogeno? Prima i bus. Per l’industria serve tempo»

«L’Idrogeno è una grande opportunità ma prima di creare il mercato serve più energia dalle rinnovabili. Parliamo di un vettore, non di una fonte». La sottoscrizione di mercoledì del protocollo tra governo e sei Regioni (tra cui Puglia e Basilicata) per lo sviluppo delle “Hydrogen Valley”, ha rilanciato le possibilità di sviluppo di un settore che in tutto il mondo viene indicato come una soluzione alla crisi energetica. Quanto bisognerà aspettare e, soprattutto, potrà davvero mandare in pensione il carbone?
Secondo Riccardo Amirante, ordinario di macchine e sistemi per l’energia e l’ambiente al Politecnico di Bari, potrebbe accadere molto presto ma prima nella mobilità (soprattutto per i bus cittadini) e solo più in là nell’industria.
Professore, è tutto oro quel che luccica?
«È una grande opportunità ma bisogna fare chiarezza. L’idrogeno è un vettore, non è una fonte energetica. Attraverso l’elettrolisi dell’acqua immagazzina l’energia ma per ottenerla ne serve dell’altra ed è importante che questa sia prodotta in maniera green».
Sta dicendo che l’idrogeno potrebbe risolvere il problema dell’accumulo ma non quello della produzione?
«Esattamente. È un “competitor” dell’energia elettrica con la differenza che permette di essere accumulata in grandissima quantità. Se però per produrla si utilizza energia che proviene dal carbone non si risolve il problema dell’inquinamento».
La Puglia è la prima regione in Italia per produzione verde. Non basta?
«Dobbiamo ragionare sull’energia in eccesso non su quella che viene già assorbita dalla rete nazionale. Altrimenti si cade in un paradosso: che senso avrebbe accumulare energia con l’idrogeno se risponde già a una richiesta di consumo immediato?».
Quindi da dove bisognerebbe partire?
«Da un ulteriore potenziamento delle rinnovabili semplificando i meccanismi autorizzativi. Servono nuovi impianti la cui destinazione energetica vada all’idrogeno. In passato ci sono voluti anche più di dieci anni per vedere approvati dei progetti. Non bisogna andare oltre i cinque. E poi serve molta acqua».
La Puglia è una terra con scarse risorse idriche…
«Va bene anche quella dei depuratori. Bisogna dare priorità all’agricoltura, poi destinarne una quota all’idrogeno. La Regione e l’Acquedotto Pugliese ci stanno lavorando».
Perché non si è pensato prima a sfruttare l’idrogeno?
«Non ce n’era la necessità. Era sufficiente l’energia prodotta e immediatamente utilizzata».
Ipotizzando che da oggi a cinque anni si realizzino gli impianti di rinnovabili necessari, quanto tempo ci vorrebbe per fare le hydrogen valley?
«Pochissimo. La tecnologia oramai c’è ed è valida. A quel punto bisognerebbe solo scegliere da quale mercato partire».
Secondo lei?
«Dalla mobilità. È importante che l’energia a idrogeno venga utilizzata il più vicino possibile a dove viene prodotta. È per questo che si potrebbe creare una rete di bus urbani. La tecnologia esiste e ritornando sempre in un punto, i bus cittadini sarebbero facili da rifornire. Non sarebbe necessaria una ramificazione sul territorio delle colonnine che è una delle difficoltà infrastrutturali più importanti se si vorrà, un giorno, utilizzarlo per le auto. E poi ci sono gli aerei».
Esiste già la tecnologia per volare a idrogeno?
«Sì. Questo tipo di energia si fonda sugli stessi principi dei motori endotermici su cui noi, in Italia, abbiamo grandi competenze a differenza del “fuel cell”. Vale per le auto ma anche per gli aerei. Anche per questo prevedo che entro sette-otto anni ci sarà la riconversione dei voli. Come Politecnico stiamo portando avanti importanti progetti affiancando le aziende del settore».
E l’industria? Taranto, scelta come sede di un centro studi specifico, riuscirà a usare l’idrogeno per abbattere le emissioni del siderurgico?
«Per l’industria ci vorrà più tempo. Sono aziende che richiedono una enorme quantità di energia. Bisogna prima essere in grado di produrla in maniera pulita. Altrimenti la richiesta del mercato non potrà essere soddisfatta. Il rischio è che sul mercato venga preferito l’idrogeno grigio, quello prodotto usando energia fossile che, tra l’altro, costa la metà. Dobbiamo sempre ricordare che prima bisogna creare la capacità energetica, poi la domanda».

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