Legambiente tuona contro l’accordo che va profilandosi tra lo Stato, tramite Invitalia, e ArcelorMittal sul futuro di Acciaierie d’Italia, la società che ha in gestione il siderurgico di Taranto. L’associazione ambientalista punta l’indice contro lo scudo penare, reintrodotto dal governo per gli amministratori delle società strategiche, che definisce «un inaccettabile macigno scagliato su ambiente e salute dei cittadini di Taranto». «Siamo di fronte ad un atto che costituisce una grave manomissione dell’autonomia della magistratura – affermano Ruggero Ronzulli, presidente di Legambiente Puglia, e Lunetta Franco, presidente di Legambiente Taranto – cui si detta cosa può o non può fare e, con la paradossale scusa del ‘ragionevole’ bilanciamento tra l’interesse all’approvvigionamento di beni e servizi essenziali per il sistema economico nazionale e valori costituzionalmente garantiti, si getta un inaccettabile macigno sul diritto all’ambiente ed alla salute dei cittadini di Taranto». Secondo Legambiente, l’unico obiettivo che guida le scelte del governo è l’aumento di produzione. «Non c’è traccia dell’introduzione di una valutazione preventiva dell’impatto sanitario – proseguono – che stabilisca in maniera scientifica quanto acciaio si possa produrre a Taranto senza rischi inaccettabili per lavoratori e cittadini. Una valutazione che continuiamo a richiedere inascoltati da anni e che costituisce l’unica base accettabile per un reale possibile bilanciamento tra esigenze produttive e diritto all’ambiente, al lavoro, alla salute».