Una parola, «dignità», ripetuta diciotto volte a scandire un finale in crescendo. È uno dei punti chiave del discorso di insediamento con il quale Sergio Mattarella ieri ha dato il via al suo prossimo settennato come tredicesimo Presidente della Repubblica. Il capo dello Stato ha ha parlato alle Camere riunite a Montecitorio. Dopo aver giurato, Mattarella ha ricordato anzitutto il periodo «travagliato», anche per lui, che ha preceduto la rielezione. Poi spazio per l’ampia maggioranza che sostiene il governo Draghi, per gli studenti che protestano, per episodi come quello della morte del giovane Lorenzo. Mattarella ha citato Papa Francesco, Monica Vitti e David Sassoli, e ha dedicato un capitolo alla necessità di riformare la giustizia.
Il suo discorso, più volte applaudito, ha ricordato i cittadini in sofferenza, le disuguaglianze che devono venire meno, l’esempio dei medici e la necessità di assumersi le responsabilità anche per le future generazioni.
«Il Parlamento e i rappresentanti delle Regioni – ha esordito – hanno fatto la loro scelta. È per me una nuova chiamata, inattesa, alla responsabilità. Alla quale tuttavia non posso e non ho inteso sottrarmi». Mattarella ha proseguito ricordando che «ritorno di fronte a questa Assemblea, nel luogo più alto della rappresentanza democratica, dove la volontà popolare trova la sua massima espressione. Vi ringrazio per la fiducia che mi avete manifestato chiamandomi per la seconda volta a rappresentare l’unità della Repubblica». Poi uno dei punti chiave del discorso: «Nel momento in cui i presidenti di Camera e Senato mi hanno comunicato l’esito della votazione, ho parlato delle urgenze, sanitaria, economica e sociale, che ci interpellano. Non possiamo permetterci ritardi, né incertezze» richiama Mattarella, sottolineando che la «lotta contro il virus non è conclusa, la campagna di vaccinazione ha molto ridotto i rischi ma non ci sono consentite disattenzioni. Dobbiamo disegnare e iniziare a costruire, in questi prossimi anni, l’Italia del dopo emergenza. È ancora tempo di un impegno comune per rendere più forte l’Italia, ben oltre le difficoltà del momento. Un’Italia più giusta, più moderna, intensamente legata ai popoli amici che ci attorniano».