Il clima secco anticipa la trebbiatura del grano: «La siccità ci ha messo in ginocchio»

«Prevedo un pessimo raccolto. La siccità ci ha messo in ginocchio», così Giuseppe Corrado, proprietario di un’azienda cerealicola e frutticola a Nova Siri, in provincia di Matera. Manca poco per la raccolta del grano, ma il quadro tracciato dall’agricoltore lucano per la sua azienda non è roseo. Anche lui, come tanti produttori di cereali in Basilicata vive un momento di difficoltà a causa delle condizioni climatiche avverse. A lanciare l’allarme proprio in questi giorni è stata la Cia Agricoltori Basilicata, evidenziando come le temperature anomale di fine marzo e metà aprile hanno messo a dura prova i cereali e la pioggia dei giorni scorsi non è bastata a salvare i raccolti.

Nell’azienda agricola di Giuseppe Corrado, di circa cento ettari e dove lavorano una quindicina di operai stagionali, per quanto riguarda i cereali, si producono grano e orzo. L’agricoltore spiega le difficoltà a cui sta andando incontro. «Traccerò il bilancio finale a giugno – afferma Corrado – quando inizierò la trebbiatura, ma già ora posso dire che non mi aspetto un buon raccolto. Sarà una pessima annata».

«La pianta di grano – spiega l’agricoltore – è stressata, è già seccata, ingiallidita, quando, invece, dovrebbe essere ancora verde perché siamo a fine aprile. C’è stata un’accelerazione della spigatura. Di questo passo dovremo anche anticipare la trebbiatura a fine maggio. Le conseguenze climatiche, caldo e siccità, si ripercuoteranno oltre che sulla resa anche sulla qualità del chicco di grano che non sarà pieno, ma rimpicciolito, scarno».

«In termini di fatturato – aggiunge – prevedo una perdita del 50 per cento. Bisognerebbe intervenire subito per tutelare gli agricoltori». Come? «Sicuramente – dice Corrado – con l’abbattimento dei canoni irrigui e fissi e dei contributi previdenziali, datoriali e propri, come per esempio prevedeva la legge n. 185 del 1992, poi superata dalla n. 102 del 2004. Ora va tutto in mano all’assicurazione, al fondo assicurativo, ma non funziona, non è risolutivo. Con la riforma della Pac, Politica agricola comunitaria 2023-27, è stato introdotto per casi di calamità naturali un prelievo forzoso del 3 per cento, che va a finire in una sorta di cassa comune. Ma si tratta di fondi insufficienti, considerata la vastità del territorio. Lo Stato dovrebbe intervenire. Vent’anni fa le cose andavano meglio, per esempio vi era l’abbattimento delle spese del Consorzio di bonifica (del 90 per cento) e dei contributi previdenziali».

Nell’altro ramo dell’azienda l’agricoltore produce pesche e albicocche, ma le possibilità di compensare le perdite cerealicole sono scarse a suo avviso. «Le piante di albicocche e di pesche – spiega Corrado – a causa degli sbalzi climatici sono arrivate prima alla fioritura. Il frutto, fortunatamente non è macchiato, ma ecco, anche qui la produzione sarà bassa. Prevedo una perdita del 30-40 per cento».

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