Insieme Ucraina e Federazione russa gestiscono un terzo delle esportazioni mondiali di cereali. Fra i quali il grano tenero – in arrivo da Kiev e indispensabile per la produzione di biscotti e prodotti da forno – e grano duro, materia prima principale della pasta il cui leader globale è Mosca. Entrambi i mercati sono chiusi a causa della guerra e così migliaia di piccoli e grandi produttori italiani rischiano il collasso. Acuito dall’aumento senza precedenti dei prezzi di energia e carburanti. Il costo del singolo pacco sugli scaffali è già aumentato, ma potremmo essere solo all’inizio. «La prossima campagna cerealicola parte a giugno, solo allora sapremo in che modo questa situazione sta incidendo. Al momento abbiamo le scorte della scorsa campagna quindi non avvertiamo grossi problemi di disponibilità – spiega Margherita Mastromauro, presidente del pastificio Riscossa – Le ripercussioni immediate riguardano più che altro i prezzi. L’effetto più eclatante lo abbiamo visto su grano tenero e mais, ma ci aspettiamo problemi anche in altre categorie».
L’Italia sul fronte grano non è autosufficiente. Nel 2020 è riuscita a produrre all’interno dei propri confini meno del 60 per cento del fabbisogno. Per questo è costretta a importare soprattutto dalla Russia. Ma anche da Canada, Stati Uniti, Francia meridionale, Kazakistan, Australia e da alcuni Paesi del Nord Africa. Sui quali potrebbe essere necessario concentrarsi, a patto che il raccolto lo consenta. «Quest’anno è molto difficile in Canada, a causa della siccità che ha colpito il Paese – conferma Mastromauro – Il risultato è che anche lì i prezzi sono raddoppiati».
La situazione è resa ancora più difficile dall’aumento esponenziale dei costi di energia e carburanti. «A marzo l’elettricità ha raggiunto la cifra record di 211 euro a megawatt, il gas di 80 euro a metro cubo. Per aprile ci aspettiamo di raggiungere, rispettivamente, 380 e 170 euro – dice la presidente – Questo non può che riflettersi sui prezzi finali, anche se non è detto che il mercato sia in grado di assorbire ulteriori aumenti».
A crescere in questo momento sono anche i cosiddetti mezzi tecnici, come concimi e fitofarmaci indispensabili per produrre il grano. «I listini sono in aumento dal 150 al 200 per cento – avverte Luca Lazzaro, presidente di Confagricoltura Puglia – Questa voce, insieme con tutte le altre, inciderà moltissimo sul bilancio delle nostre aziende». Il problema sta proprio nella mancanza di autosufficenza del nostro Paese, nonostante territori votati alla produzione di grano, come per esempio la Puglia. «Occorre un nuovo piano cerealicolo, sia nazionale sia regionale – spiega Lazzaro – Ci stiamo lavorando proprio per diventare maggiormente autonomi dalle importazioni».
Nel frattempo, però, il grano duro non arriva più. E se la situazione internazionale non dovesse rientrare, con la campagna di giugno le aziende potrebbero non ricevere materie prime sufficienti per soddisfare la domanda dei consumatori. «Bisognerà trovare gli strumenti per arginare il problema – conclude Mastromauro – La situazione è talmente eccezionale da non permettere molte previsioni».