La Corte d’assise d’appello di Taranto ha annullato la sentenza di primo grado di maggio del 2021 – quando ci furono molte condanne – e stabilito il trasferimento del processo Ambiente svenduto, relativo alle emissioni dell’ex Ilva, dal capoluogo ionico a Potenza.
Tutto da rifare, dunque, per il processo relativo al reato di disastro ambientale contestato alla gestione Riva.
La richiesta di trasferire il processo a Potenza era stata avanzata dalla difesa di alcuni imputati in ragione del fatto che a Taranto non c’era un contesto sereno per il giudizio e che gli stessi giudici, vivendo nei quartieri delle parti lese, potevano ritenersi colpite potenzialmente dall’inquinamento della fabbrica.
Peacelink: «Incombe lo spettro dell’impunità»
«Profonda delusione», esprime l’associazione PeaceLink commentando la decisione della Corte d’assise d’appello di Taranto.
«Lo spostamento del processo d’appello “Ambiente svenduto” a Potenza ha conseguenze gravissime per l’intera comunità tarantina», affermano la responsabile del nodo di Taranto dell’associazione, Fulvia Gravame, e il presidente Alessandro Marescotti, sottolineando che «lo spostamento comporta l’annullamento del processo di primo grado e questo significherebbe un allungamento dei tempi della giustizia e un rischio concreto di prescrizione per reati gravissimi come la concussione e, probabilmente, l’omicidio colposo. Lo spettro dell’impunità incombe sul processo “Ambiente svenduto”».
Gravame e Marescotti ricordano che «i pubblici ministeri, nel corso delle udienze, si sono espressi in modo chiaro e deciso contro il trasferimento del processo, sottolineando l’infondatezza delle eccezioni delle difese degli imputati» e promettono che «la lotta contro l’inquinamento dell’Ilva prosegue comunque. Continueremo a garantire la nostra presenza in tutte le iniziative utili a proteggere la popolazione. Saremo sempre dalla parte delle vittime in quella che l’Onu ha definito “Zona di Sacrificio”».