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Ex Ilva, il Governo ha scelto: amministrazione straordinaria con tutela dei lavoratori

Mittal sarebbe pronta a cedere le proprie quote a Invitalia o a un altro investitore gradito al Governo. Una sola ipotesi per la multinazionale dell’acciaio non è percorribile: rimanere in Acciaierie d’Italia in una condizione di minoranza, dunque senza influire sulla governance, contribuendo in quota parte ai costi. Il tutto con una amministrazione straordinaria che…

Mittal sarebbe pronta a cedere le proprie quote a Invitalia o a un altro investitore gradito al Governo. Una sola ipotesi per la multinazionale dell’acciaio non è percorribile: rimanere in Acciaierie d’Italia in una condizione di minoranza, dunque senza influire sulla governance, contribuendo in quota parte ai costi.

Il tutto con una amministrazione straordinaria che allunghi i tempi di separazione e allontani il gruppo dalla gestione dell’azienda. È proprio in quest’ultima direzione, invece, che si sta dirigendo il Governo che ieri, riunitosi alla presenza della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, ha votato a favore di un rafforzamento dei poteri della futura amministrazione straordinaria, spalancando la porta dunque a questa ipotesi.

Si tratta di un provvedimento che non era all’ordine del giorno ma che è stato inserito mentre parallelamente si stanno portando avanti le trattative per una separazione consensuale dall’attuale socio privato, affinché si eviti una lunga battaglia giudiziaria. Nel decreto il Governo mette anche le mani avanti qualora si verifichi quest’ultima ipotesi.

In particolare l’articolo 4 prevede la possibilità di ricorrere alle procedure che portano al commissario anche qualora esistano giudizi pendenti e in questo caso il commissario straordinario mantiene la legittimazione processuale. Viene fissata anche una norma che evita che la società commissariata sia svuotata delle risorse per le liti pendenti. «Le somme necessarie per spese future ed eventuali oneri relativi a giudizi pendenti – è scritto nel testo – accantonate nel piano contenente la ripartizione dell’attivo e depositate secondo le modalità indicate dal tribunale, nonché le somme ricevute dal commissario straordinario per effetto di provvedimenti provvisoriamente esecutivi e non ancora passati in giudicato, sono trattenute dal commissario straordinario e versate su un conto vincolato previa autorizzazione del tribunale».

Nel pomeriggio di ieri, invece, fonti vicine al gruppo francoindiano avevano dichiarato che «l’obiettivo di ArcelorMittal è quello di trovare una soluzione negoziata come alternativa all’amministrazione straordinaria che è dannosa sia per il business di Acciaierie d’Italia, sia per tutti i suoi stakeholder». Parole che sembrano in contrasto con la volontà del Governo attuata in serata nel Consiglio dei Ministri.

Nel provvedimento votato ieri si interviene anche per rafforzare le tutele dei dipendenti diretti, con garanzie di cassa integrazione durante l’eventuale amministrazione straordinaria, e delle ditte dell’indotto. Vengono esclusi dalla cassa integrazione, infatti, i lavoratori impegnati nella sicurezza e nella manutenzione degli impianti, per consentire che restino operativi. Rimangono ferme le disposizioni, inoltre, a tutela delle piccole e medie imprese creditrici. Nel frattempo resta solo oggi ai legali di Invitalia e ArcelorMittal per trovare una intesa mentre per domani il Governo ha già riconvocato i sindacati a Palazzo Chigi.

Da Federacciai, intanto, arriva un appello da parte del presidente Antonio Gozzi affinché le imprese italiane del settore diano il proprio contributo al rilancio dell’ex Ilva. «Non è troppo tardi per i tentativi di salvataggio e di rilancio dell’impianto di Taranto, ma essi vanno contestualizzati all’interno delle regole europee, che non condivido e contesto, ma che esistono e quindi vanno rispettate, sperando che possano essere cambiate». A premere affinché lo Stato svolga un ruolo da protagonista nella programmazione industriale del settore sono i sindacati. «Stiamo chiedendo che il Governo intervenga per dare una continuità, per garantire agli investimenti, che prenda il controllo di maggioranza dell’azienda, ma allo stesso tempo c’è bisogno di continuare l’attività e avere un piano industriale e di investimenti – afferma il segretario generale della Cgil Maurizio Landini- Il 2024 è l’anno in cui si vedrà se noi continuiamo a essere un paese manifatturiero pronto a misurarsi con i processi e all’avanguardia», conclude Landini.

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