Il Consiglio d’Europa continua a guardare con preoccupazione all’inquinamento causato dall’ex Ilva di Taranto. Nonostante i progressi fatti, «il livello di produzione autorizzato potrebbe ancora creare un rischio per la salute pubblica. Il rispetto delle soglie legali nazionali di inquinamento atmosferico non può escludere questo rischio». È quanto si legge nella decisione del comitato dei ministri del Consiglio d’Europa dopo la valutazione delle informazioni fornite dal governo, dall’Ong Strali e dall’avvocato dei ricorrenti che hanno fatto condannare l’Italia nel 2019 dalla Corte europea dei diritti umani.
Nello specifico Strasburgo ha tenuto conto delle informazioni fornite da Roma sui «progressi compiuti nel 2021 nell’attuazione del piano ambientale adottato dal governo nel 2014», e quelle che «mostrano una riduzione dell’impatto ambientale dell’impianto e la sostanziale conformità dei livelli di emissioni negli ultimi 4 anni agli standard stabiliti dalla legge nazionale».
Ma l’esecutivo del Consiglio d’Europa si dice anche preoccupato per i dati forniti dall’avvocato dei ricorrenti sulla valutazione dell’Agenzia regionale per l’ambiente per quanto riguarda il funzionamento dello stabilimento siderurgico e il rischio che può ancora creare per i cittadini di Taranto e dintorni. Il comitato dei ministri ha chiesto a Roma di fornire non oltre il 20 giugno 2023 ulteriori informazioni in merito ai lavori eseguiti per eliminare i rischi ambientali causati dall’Ilva. Entro il 20 ottobre di quest’anno il governo dovrà inviare a Strasburgo anche dimostrare che esiste la possibilità, per i cittadini, di ottenere provvedimenti preventivi e di risanamento nei confronti di un’attività industriale inquinante. (ANSA)