L’industria dell’automobile sta subendo una trasformazione verso nuovi tipi di tecnologie. Il motore endotermico perde sempre più il suo ruolo predominante a vantaggio di tecnologie come l’ibrido o come l’elettrico che da un punto di vista manifatturiero e produttivo necessita di un minor numero di maestranze. La data di scadenza è fissata per il 2035.
Le grandi multinazionali sono già proiettate nella giusta direzione ma purtroppo ad oggi non c’è una vera strategia a lungo termine che possa mettere al sicuro il futuro di molti lavoratori pugliesi che negli ultimi 35 anni hanno dato la possibilità a grandi multinazionali di crescere nel nostro territorio e di investire proprio a Bari creando indotto, crescita economica e sociale. Tutto questo ora rischia di interrompersi dopo i drammatici annunci di esuberi da parte di alcune aziende del settore tra cui la Bosch.
E per questo che si è svolto lo scorso venerdì 11 febbraio nell’auditorium del consorzio ASI un incontro tra sindacati, UILM di Bari, UIL Puglia e la UILM Nazionale, rappresentanti istituzionali, datori di lavoro e delegati delle aziende del territorio perché non c’è tempo da perdere: bisogna sviluppare una strategia per far dialogare scienza e industria potenziando la ricerca e continuando ad offrire posizioni stabili di lavoro in funzione degli scenari futuri legati alla transizione ecologica ed energetica. Tra i presenti il presidente della sezione Meccanica di Confindustria, Cesare De Palma e il vice capo gabinetto Domenico De Santis.
«C’è bisogno di una strategia sostenibile ma concreta – spiega De Santis – che governi davvero la transizione ecologica ed energetica senza ribaltarne i costi sul lavoro nel quale si possa non solo coordinare la spesa delle risorse disponibili ma salvare i posti di lavoro e programmare una strategia industriale».
Proprio De Santis avrebbe proposto l’apertura di un tavolo permanente sull’Automotive in Puglia per la salvaguardia dei posti di lavoro attuali e per la programmazione di una strategia industriale condivisa. Il sistema industriale non è in pericolo al contrario del sistema sociale che potrebbe mettere in difficoltà il futuro di 5mila lavoratori pugliesi. La paura è che l’impatto occupazionale possa mettere in crisi la psicologia del territorio e l’approccio che il territorio sta avendo anche da un punto di vista attrattivo che in questi anni si sta sviluppando in Puglia.
«Non è stata dichiarata la chiusura di tutte le aziende – continua Cesare De Palma – quindi ad oggi non si parla di rischi per cinquemila persone ma si parla di una contrazione della necessità di maestranze rispetto ai vecchi cicli produttivi di queste aziende e quindi di una conseguente riduzione del numero di addetti a questo settore. Vorremmo cercare di dare il nostro contributo politico, culturale e strategico a questo problema».
E infatti la Bosch rispetto ai suoi 1700 occupati ha dichiarato che nei prossimi cinque anni deve contrarre 700 unità. Il motivo di questi tagli è legato ai componenti meccanici presenti in un’auto ibrida o in un’auto elettrica che sono un quinto rispetto a quelli presenti in una macchina con motore endotermico e quindi è minore la quantità di persone che deve lavorare alla filiera.
«Ci può essere una transizione – afferma De Palma – anche utilizzando l’innovazione tecnologica. Cioè passare a nuove tecnologie endotermiche meno impattanti per l’ambiente e meno impattanti da un punto di vista occupazionale. Anche tenuto conto che l’impatto ambientale reale della mobilità rispetto al panorama di inquinamento generale ha una percentuale che raggiunge l’ 8% sui numeri totali rispetto ad un impatto ambientale per riscaldamento delle abitazioni che raggiunge il 35% del totale a livello generale»
Quali possono essere le azioni da intraprendere?
«Ci sono una serie di vertenze aperte a livello locale – conclude De Palma – quindi tutti siamo chiamati a prenderci la nostra fetta di responsabilità nel gestire questa questo passaggio di risorse da una determinata collocazione che oggi si chiama Bosch e domani si potrà chiamare in un altro modo verso altri tipi di soluzioni ma attraverso una volontà politica ed una transizione più dolce».