Spesso, in un mondo dove le relazioni affettive sono segnate da dinamiche di potere e stereotipi di genere, rieducare all’affettività è un atto rivoluzionario. La violenza di genere affonda le radici in una comprensione limitata e distorta dell’affettività e dell’intimità, influenzata da modelli culturali che insegnano a reprimere, dominare o possedere. Un’educazione affettiva che superi questi schemi non solo previene la violenza, ma favorisce relazioni autentiche e rispettose.
L’affettività autentica è un’esperienza di apertura e ascolto dell’altro, un processo in cui le persone imparano a connettersi senza cercare di dominare o possedere. Eppure, molti dei modelli culturali su cui si basano le relazioni di genere sono caratterizzati da dinamiche di dominio e controllo. La tradizione maschile ha spesso visto l’uomo come colui che deve proteggere, guidare e, in qualche modo, controllare. Questa concezione, però, limita la sua capacità di vivere pienamente le emozioni, portandolo a soffocare l’empatia e ad adottare comportamenti che possono sfociare nella violenza.
La psicologia moderna ci offre strumenti fondamentali per comprendere e sviluppare una sana affettività. Daniel Goleman e altri esperti di intelligenza emotiva ci insegnano che l’empatia è alla base di qualsiasi relazione rispettosa: saper riconoscere e comprendere le emozioni altrui consente di relazionarsi con rispetto e sensibilità. L’empatia permette di riconoscere l’altro come un individuo con bisogni, desideri e fragilità. La violenza nasce spesso dalla difficoltà di accettare l’altro come uguale, come qualcuno che può avere una propria volontà e identità autonoma.
Anche la filosofia ha molto da offrire a questo tema. Basti pensare al pensiero di Martin Buber, per il quale il vero incontro tra due persone è un rapporto “Io-Tu”, nel quale entrambe le parti sono rispettate nella loro individualità e unicità. Nel rapporto “Io-Tu”, si evita di ridurre l’altro a un “mezzo” per il proprio fine, riconoscendo invece la sua piena esistenza e la sua complessità. È proprio in questa riconoscenza reciproca che si costruisce una relazione non violenta e autentica.
Per rieducare all’affettività, è essenziale smantellare gli stereotipi di genere. L’idea che l’uomo debba essere forte, razionale, privo di vulnerabilità, e che la donna debba essere docile e comprensiva, limita entrambi i generi. Gli uomini, in particolare, spesso crescono imparando a reprimere la propria emotività, non ricevendo gli strumenti per gestire la frustrazione e la vulnerabilità. Questo terreno emotivamente arido può portare a esplosioni di rabbia e a comportamenti aggressivi, dove la violenza diventa un mezzo per ristabilire un controllo che sembra sfuggire.
Un percorso di rieducazione affettiva per prevenire la violenza di genere implica, quindi, la riscoperta della tenerezza e della vulnerabilità come valori. L’uomo deve poter riconoscere e accettare le proprie emozioni, abbandonando l’idea che essere vulnerabili sia un segno di debolezza. Al contrario, la capacità di vivere pienamente le emozioni e di esprimere la tenerezza rappresenta una forma di forza interiore e maturità.
Educare alla tenerezza significa anche valorizzare la capacità di connessione autentica e paritaria con l’altro. Nei percorsi di rieducazione per uomini violenti, lavorare sulla capacità di riconoscere le emozioni proprie e altrui diventa uno strumento potente per spezzare le dinamiche di controllo e possesso. La tenerezza consente di relazionarsi all’altro senza il bisogno di dominarlo, bensì di accoglierlo.
Rieducare all’affettività non è solo un lavoro individuale ma richiede un cambiamento culturale. È necessario promuovere una cultura in cui la capacità di ascolto, di empatia e di rispetto siano valori di riferimento per entrambi i generi. L’educazione affettiva dovrebbe essere inclusa nei programmi scolastici, per insegnare sin dall’infanzia a riconoscere e rispettare l’emotività propria e altrui.
Costruire una cultura dell’affettività consapevole significa diffondere l’idea che le relazioni devono essere uno spazio di crescita reciproca, in cui ciascuno può essere se stesso senza paura di essere dominato o giudicato. È un progetto a lungo termine che richiede il contributo della psicologia, della filosofia, dell’educazione e della cultura popolare.
Prevenire la violenza di genere attraverso la rieducazione affettiva significa offrire alle persone, soprattutto agli uomini, un nuovo modo di vivere l’emotività e l’incontro con l’altro. In questo percorso, la vera affettività diventa un’alternativa radicale alla violenza, capace di trasformare i legami e di costruire un futuro in cui l’uguaglianza e il rispetto possano essere la norma, non l’eccezione. Rieducare all’affettività è, in fondo, rieducare all’umanità stessa.
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