«Le risposte dei ragazzi confermano il bisogno di lavorare sull’uguaglianza di genere. E quindi anche sulla parità tra uomo e donna e sull’abbattimento degli stereotipi». A dirlo è Paola De Cesare, ricercatrice e psicologa-psicoterapeuta, che così commenta l’ultimo rapporto di Save the Children sulle dinamiche relazionali tra i giovani: «Fondamentalmente troviamo una percentuale abbastanza elevata di quelle che sono le risposte che avremmo dato sicuramente anche due generazioni fa».
Che vuol dire questo?
«Che non abbiamo ancora fatto abbastanza nel lavoro su aspetti come la violenza sessuale, le molestie e il ruolo di genere».
Perché è importante questo report?
«Finalmente riusciamo a fare delle domande anche agli adolescenti. Chiedere a uno di loro cosa pensa delle relazioni di coppia significa anche poter accogliere una qualsiasi risposta. Prima noi adulti non eravamo nemmeno pronti a scardinare questa idealizzazione della relazione. In questo modo, invece, ci interessiamo del loro parere e siamo disponibili a pensare davvero a cosa è una relazione di coppia, abbassando gli stereotipi e il livello di aspettative».
Dai dati emergono alcuni atteggiamenti: le ragazze dichiarano di aver subito comportamenti violenti, i ragazzi che la responsabilità delle violenze sia delle donne. Come si fa, allora?
«Questo è un tema fondamentale, da scardinare, in quanto il no è sempre no ma molto spesso le ragazze non riescono a dire no per tutta una serie di regole, anche sociali, che hanno a che fare con il ruolo della donna perché, fondamentalmente, in base allo stereotipo, la donna è preda e l’uomo è predatore. Quindi l’uomo si propone e la donna si deve lasciar conquistare: c’è tutto un non-detto che viene tramandato per cui se io sono desiderata e desiderabile, sono una donna adeguata, con la d maiuscola».
Come si fa a scardinare questi stereotipi?
«Continuare a parlare di questo tema sempre di più, in modo da poter educare sulla parità del genere e dei ruoli, oltre a formulare un alfabeto nuovo che abbia a che fare con il rispetto di ciascun sesso e di quei diritti fondamentali che sono tipici dell’essere umano, abbassando lo stereotipo di ruolo che prevede che se io sono donna devo essere seducente, bella, desiderabile, e quindi quando qualcuno mi desidera, anche al di là della mia volontà, io ho provveduto al mandato. Non deve essere così».
Ma le responsabilità sono solo della società?
«Ciascuno di noi fa parte della società, quindi le responsabilità nascono dall’educazione familiare, da quella scolastica, da quella sportiva e da quella che matura in qualsiasi contesto. Possiamo dire che sono della società se intendiamo tutti i microcosmi che ne fanno parte».
Il report di Save the Children parla anche di emozioni.
«Questo è un tema fondamentale perché quando si parla di stereotipo di ruolo ci si riferisce anche a questo, cioè all’idea che la donna è colei che piange e l’uomo è colui che riesce a trattenere. Quello che ci dicono i ragazzi è che loro sono ancorati allo stereotipo che noi stessi abbiamo tramandato loro. Penso a quello che viene detto ancora oggi nelle scuole: “non piangere come una femminuccia” o “non alzare le mani al tuo compagno, sei una femminuccia e devi essere educata”. Non vengono tollerati per le bambine comportamenti ritenuti maschili e viceversa. È importante sottolineare che tutti noi proviamo le stesse emozioni, indipendentemente dal genere sessuale. Sia l’uomo che la donna provano la tristezza, la rabbia e così via. L’espressione delle emozioni, invece, è vincolata alla società: è come gestiamo l’emozione che cambia e questo lo decidiamo noi quando diciamo “tu sei un maschio, non puoi gestire la tristezza con il pianto”. E questa tristezza viene tradotta dal bambino con la rabbia e con un comportamento aggressivo».
E questo ha a che fare con la violenza?
«Certo, perché poi alla bambina viene detto che può esprimere la tristezza con il pianto ma non con la rabbia e quindi lei non si può nemmeno difendere perché non può alzare le mani. Ecco perché ci sono più uomini violenti rispetto alle donne».
Cos’altro emerge dal report?
«Che le donne possono manifestare l’amore con il sacrificio e la cura. Ma anche questo è un problema perché se ritengo che questi sono appannaggio solo della donna, che posto ha l’uomo? Avere una relazione di coppia significa impegnarsi e in qualche misura sacrificarsi nel senso di mediare, andare incontro e soprattutto prendersi cura dell’altro. Questo dev’essere bilaterale e non solo appannaggio della donna. Se la relazione non va, non è responsabilità solo della donna».