Nord e Sud del Paese sono sempre più distanti ma il Sud ha beneficiato dell’aumento della richiesta di manodopera a bassa specializzazione. Un aspetto che ha caratterizzato soprattutto il 2021, primo anno post pandemia, permettendo alle regioni meridionali di recuperare il gap accumulato a causa del Covid, cosa che non è accaduta ancora per quelle settentrionali.
È quanto si evince dal focus realizzato dall’Istat sui livelli locali occupazionali, uno studio che parte dalla parcellizzazione del territorio per trarre riflessioni macro e micro economiche. Le differenze tra le due aree del Paese restano tangibili: se da Roma in su è occupato il 48,8% dei residenti con almeno 15 anni di età, nel Mezzogiorno la quota scende al 34,4%. Differenze molto marcate si osservano anche per il tasso di disoccupazione: nel Centro-Nord il 6,7% della forza lavoro è in cerca di occupazione contro il 16,4% del Mezzogiorno.
Paradossalmente, però, è il Sud ad essersi ripreso più velocemente ma solo perché il punto di partenza, dal punto di vista numerico, era più basso. Ha beneficiato della ripresa più rapida dell’occupazione. Il 2021, infatti, è stato caratterizzato da una ripresa dell’occupazione a livello nazionale (+169mila rispetto al 2020; +0,8%), che tuttavia non ha colmato le perdite dell’anno precedente. Tranne, appunto, nel Mezzogiorno, dove il 93,2% dei sistemi locali del lavoro ha registrato un aumento dell’occupazione superiore a quello medio nazionale. Nel Centro, invece, l’occupazione è stata ancora in calo nel 38,1% dei sll, soprattutto quelli di piccola dimensione, interessando circa il 15% della popolazione totale.
L’effetto della pandemia sull’occupazione è stato, d’altronde, più forte nei sistemi locali del lavoro del Nord, che tra il 2019 e il 2020 hanno registrato un maggiore calo del tasso di occupazione (15 anni e più) e nel 2021 una ripresa decisamente più debole. Se si ordinano i sll in maniera crescente rispetto alla variazione del tasso di occupazione, tra il 2019 e il 2020 l’80% nell’ultimo quarto della distribuzione (quello con le performance migliori, con valori delle variazioni comprese tra -0,7 e +1,4 punti), si colloca nel Mezzogiorno, in particolare in Puglia e Basilicata. Nel caso del Tacco d’Italia, tutti rientrano nell’ultimo quarto, ad eccezione di Molfetta, Rutiliano e Ugento che vanno nel quarto precedente. In particolare si tratta di 127 sll del Mezzogiorno contro i 15 del Centro, i 13 del Nord-est (10,9%) e uno (Tirano) del Nord-ovest (meno dell’1%).
Sul lato opposto, il quarto peggiore della distribuzione (con valori delle variazioni del tasso comprese tra -2,8 e -1,6 punti) è composto per il 77% da Sll del Nord, che rappresentano il 63% dei sistemi locali del lavoro del Nord-est e il 48% di quelli del Nord-ovest. Numeri che, però, non devono fare dimenticare il diverso punto di partenza. La “rimonta” del Sud è rispetto a una condizione di netta arretratezza e che, se da una parte dimostra una certa vivacità del tessuto imprenditoriale, dall’altra evidenzia quanto terreno c’è ancora da recuperare. Una spinta importante è chiamato a darla il Pnrr. Su di esso è riposta la fiducia non solo del Mezzogiorno ma dell’intero Paese.