In Puglia si è riacceso il dibattito sulla norma “sblocca-trivelle”, approvata con il Dl Aiuti, con la quale il Governo ha aperto ai progetti di trivellazione off-shore, in particolare alle ricerche di gas e petrolio e alla realizzazione di pozzi di estrazione di idrocarburi nella fascia compresa tra 9 e 12 miglia nautiche, oggi vietata dal Testo unico ambientale.
L’impiego di trivelle per la ricerca di giacimenti di gas o petrolio comporta importanti perturbazioni degli ambienti marini e, quindi, delle comunità viventi che le abitano, con tempi di recupero molto lunghi: una minaccia per ecosistemi e biodiversità.
Il Mediterraneo è un bacino quasi completamente chiuso, dove l’afflusso continuo di acqua di superficie dall’Oceano Atlantico è la principale fonte di rifornimento e rinnovo. È un mare relativamente povero di nutrienti e con una produttività più bassa rispetto ad altri, a fronte di comunità viventi ricche di specie vegetali e animali che lo rendono unico e fragile allo stesso tempo. Non è opportuno continuare a sottoporre le aree marine a enormi rischi di inquinamento ambientale che sono inevitabilmente da prevedere se si darà avvio alle campagne di prospezione per la ricerca di idrocarburi nei fondali. E l’estrazione di gas o petrolio, che si prospetta come passaggio successivo all’attività investigativa, comporta altrettanti pericoli per la salvaguardia dell’ecosistema marino in termini di rischio di inquinamento derivante dalle operazioni che normalmente si svolgono in queste piattaforme estrattive e anche da possibili incidenti, inadempienze o eventi imprevedibili.
La letteratura scientifica mette in evidenza gli effetti dannosi di ispezioni sismiche, ricerca di idrocarburi ed estrazione di petrolio per la vita acquatica anche delle vicine comunità costiere. Il mare pugliese oggetto delle investigazioni è ancora oggi un mare che ospita specie animali e vegetali di enorme importanza per la biodiversità, annoverando la presenza di cetacei, tartarughe, squali. Senza dimenticare le praterie di posidonia che contribuiscono alla riduzione dell’energia delle correnti e delle onde, proteggendo le spiagge e favorendo la decantazione e la sedimentazione delle particelle sospese in acqua: la perdita di un metro di prateria può causare una regressione della linea di costa di quasi 20 metri con conseguenze gravi.
Non è ormai più accettabile la posizione di un Paese che continui a investire enormi risorse economiche sulla ricerca degli idrocarburi, nonostante le tecnologie moderne volte all’implementazione di fonti di energia alternative, al risparmio energetico, al recupero e riciclo di flussi energetici. È tempo che le comunità locali siano ascoltate, non si può ignorare il malessere di una popolazione che ha voglia di benessere, crescita e lavoro più legati alle ricchezze che il nostro Paese offre in termini di turismo, arte, natura, e che non ha alcuna fiducia sugli effettivi vantaggi che l’estrazione di idrocarburi farebbe ricadere sul territorio.
Elvira Tarsitano è biologa e ambientalista
Bentornato,
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