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Cosa significa sovranità alimentare?

Per comprendere il significato dell’espressione “sovranità alimentare” è necessario sgombrare il campo da un facile equivoco, legato alla sovrapposizione (accidentale o voluta che sia) tra tale espressione e il principio della “sicurezza alimentare”. La lingua inglese ci viene in aiuto con due espressioni di immediata percezione ed intuibile contenuto, food sovereignty e food security. Nel linguaggio comune è facile confondere la sovranità alimentare con l’obiettivo degli Stati di garantire la sicurezza degli approvvigionamenti, o con la scelta (politica) di strutturare regole interne per promuovere la produzione alimentare nazionale, al fine di sostenere la redditività delle imprese agricole, in un’ottica di sviluppo dell’economia interna. Obiettivo, quest’ultimo, lecito e legittimo, se rispettoso degli obiettivi della politica agricola comune, ben individuati nell’art. 39 del Tfue e di volta in volta attuati nella cornice dei regolamenti Pac. La sicurezza degli approvvigionamenti, così come richiamato nell’art.39, è divenuto obiettivo del tutto marginale all’indomani del boom economico che ha caratterizzato le economie post belliche dei Paesi europei, ma è recentemente ritornato centrale, nel linguaggio politico e giuridico, durante la crisi pandemica e, ancora più di recente, a seguito della guerra in Ucraina. Nella Comunicazione della Commissione “From farm to fork” si legge che “la pandemia ha sottolineato l’importanza di un sistema alimentare solido e resiliente che funzioni in qualsiasi circostanza e sia in grado di assicurare ai cittadini un approvvigionamento sufficiente di alimenti a prezzi accessibili”.

L’attuale crisi bellica che tiene tutti noi col fiato sospeso ha contribuito a rafforzare, nel dibattito politico, l’importanza che i sistemi produttivi alimentari siano autonomi e resilienti, rispetto a crisi di carattere globale. Può, dunque, fuorviare l’utilizzo dell’espressione “sovranità alimentare”, nella declaratoria attribuita al nascente Ministero dell’Agricoltura, ove si riconduca erroneamente tale espressione alla libertà politica degli Stati di rafforzare la resilienza dei sistemi produttivi alimentari nazionali. La sovranità alimentare ha un significato giuridico ben preciso che nasce dall’evoluzione di una complessa configurazione del diritto al cibo, riconosciuto dall’art. 25 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1948 e, successivamente, ricompreso tra i diritti economico-sociali nell’International Covenant on Economic, Social and Cultural Rights del 1966 (art.11). Il General Comment No. 12: The Right to Adequate Food, adottato dall’Ufficio dell’Alto Commissario per i diritti umani, ha fornito un’interpretazione autentica del diritto al cibo che ha posto le basi per la successiva riflessione intorno al contenuto stesso del diritto. Il right to food, infatti, non sarebbe limitato alla sola attribuzione al cittadino della titolarità di un diritto, ma comprenderebbe anche il diritto ad accedere alle risorse naturali necessarie per produrre il cibo. In altre parole, il diritto al cibo comprende il diritto a produrre cibo, ovvero il diritto all’affermazione piena dell’identità culturale e della dignità umana in ordine alle scelte che determinano la produzione e la distribuzione delle risorse alimentari. Il cittadino non sarebbe, dunque, in una situazione meramente passiva, destinatario di politiche di welfare che garantiscano a tutti un’adeguata nutrizione, ma godrebbe di un diritto – per così dire attivo – ad utilizzare le risorse naturali e a godere delle condizioni economiche e sociali necessarie a mettere in atto scelte relative alla produzione di cibo, esprimendo, in tal modo, pienamente la propria dignità rispetto ai territori e al rapporto tra i territori e l’identità culturale. Tale prospettiva assume, com’è noto, un contenuto politico ed ideologico nei movimenti ispirati alla protezione dei contadini (“la Via Campesina”) che rivendicano il diritto degli stessi di poter incidere nella determinazione delle scelte produttive alimentari. D’altro canto, il rafforzamento del contenuto del diritto è una risposta all’arretramento delle politiche pubbliche difronte alla globalizzazione dei mercati: basti pensare al fenomeno del land grabbing che ha avuto implicazioni importanti in ordine alla strutturazione delle filiere produttive nei Paesi in via di sviluppo, ma anche, e non secondariamente, sul rispetto degli ecosistemi, dell’ambiente e della biodiversità.

Proprio nei rapporti con i Paesi in via di sviluppo, il Parlamento europeo ha recentemente adottato una Risoluzione tesa a mettere in atto una strategia di sviluppo sostenibile ed inclusivo (Nuova Strategia UE-Africa). Quali gli obiettivi della nuova strategia? Incoraggiare pratiche agricole sostenibili ed ecosistemi agricoli e sistemi alimentari produttivi nelle terre aride, anche attraverso una maggiore fiducia nel contributo che le conoscenze tradizionali della popolazione africana possono apportare a una transizione giusta; riconoscere e tutelare i diritti delle popolazioni indigene alla proprietà e al controllo consuetudinario delle loro terre e delle loro risorse naturali; promuovere e potenziare misure e strumenti volti a sostenere una maggiore qualità e diversificazione dei prodotti e la modernizzazione sostenibile delle pratiche agricole, nonché condizioni di lavoro sicure e disposizioni volte a rafforzare la resilienza degli agricoltori. Gli impegni che l’Unione europea assume nei confronti degli Stati africani si basano sul riconoscimento della sovranità alimentare e si inseriscono, dunque, nel solco di una lunga e complessa articolazione del rapporto tra cittadini e territori. Le responsabilità in capo agli Stati sono chiare: mettere in atto politiche pubbliche in grado di rendere effettivo il diritto al cibo e consentire ai soggetti della filiera di poter esprimere ed attuare le proprie identità, siano queste legate alla libertà di iniziativa economica privata (imprese agricole) o alle scelte di consumo (consumatori).

Laura Costantino è professoressa di Diritto agrario all’Uniba e responsabile scientifico di Filiera21 associazione per l’Agroalimentare

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