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Taranto, Melucci è di nuovo in corsa: «Chi mi ha fatto cadere odia la città più di quanto odi me»

Commissariato dopo le dimissioni di assessori di maggioranza e opposizione che hanno portato alla caduta dell’amministrazione Melucci, Taranto entra nel vivo della corsa a Palazzo di Città. Il Partito Democratico ha confermato Rinaldo Melucci, primo cittadino uscente, come candidato sindaco. A sostenerlo, liste civiche, ma non solo. Melucci, da novembre non è più sindaco di…
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Commissariato dopo le dimissioni di assessori di maggioranza e opposizione che hanno portato alla caduta dell’amministrazione Melucci, Taranto entra nel vivo della corsa a Palazzo di Città. Il Partito Democratico ha confermato Rinaldo Melucci, primo cittadino uscente, come candidato sindaco. A sostenerlo, liste civiche, ma non solo.

Melucci, da novembre non è più sindaco di Taranto, come ha vissuto questo strappo?
«È stato un momento sconfortante. Dalla dinamica, ormai chiara a tutti, si è compreso che 17 consiglieri comunali, per mera antipatia nei confronti del sindaco, hanno bloccato una città intera che stava rialzandosi: tantissimi i danni che sono stati recati alla comunità, tantissimi i progetti a cui Taranto non potrà partecipare, gli investimenti pubblici e privati già perduti. Ribadisco, danni alla città, non certo al sindaco. Oltre alla considerazione che Taranto non avrà rappresentanti nel Consiglio provinciale e non potrà dire la sua su temi delicatissimi, come quello ambientale o relativo all’edilizia scolastica. Mi verrebbe da dire che quei consiglieri odiano Taranto, non Melucci».
Molti cittadini non hanno compreso la decisione da parte della sua stessa maggioranza di staccare la spina a soli 6 mesi dalla fine naturale della consiliatura. Davvero solo per antipatia verso di lei?
«Vorrei rispondere che bisognerebbe chiederlo a loro, ma so anche che, come nel loro consueto stile, risponderebbero mentendo e mistificando. È probabile che il mio primo anno amministrativo sia stato un periodo in cui mi sono dovuto concentrare sul lavoro a scapito delle relazioni politiche, perché c’era da rimettere in sesto una macchina comunale impantanata a causa del dissesto e, di conseguenza, di lunghi anni senza sufficiente programmazione. Ho forse ascoltato poco le forze politiche e i suggerimenti di personalità esperte, ma bisognava correre per Taranto. Tornando indietro non commetterei certi errori, ma in quel momento il carico di lavoro, per chi come me voleva spendersi seriamente e senza vetrine, era davvero infinito, mi creda».
La coalizione che sostiene la sua ricandidatura sembra solida e compatta. Conferma?
«Certo. È semplice, noi abbiamo un’idea chiara di città e di futuro, lo abbiamo dimostrato coi fatti e i risultati, molti esponenti politici e cittadini si sono avvicinati spontaneamente. La mia è una coalizione scesa in campo a sostegno della ricandidatura molti mesi prima della caduta della amministrazione comunale perché nel mio mandato abbiamo immaginato e iniziato a costruire la Taranto del futuro. Altrove vedo solo una grande confusione. Gente unita solo da rancore e interessi personali».
La quantità di forze coinvolte da “Patto” e centrodestra, però, potrebbe far pensare a un’armata capace di recuperare consenso e voti.
«Ridurre la politica ad un presunto dato aritmetico è una strada molto rischiosa. Noi abbiamo scelto di anteporre ad ogni calcolo una visione, di mostrare agli elettori un’alternativa affidabile e credibile. Le armate, poi, non sono tutte invincibili, ci sono anche quelle capaci solo di buttarla in caciara».
Volendo descrivere la visione a cui accenna, avete delle direttrici programmatiche di riferimento?
«La parola d’ordine è rigenerazione, associata alla continuità del lavoro impostato, che potremmo declinare in vari settori. Abbiamo iniziato a cambiare i quartieri, siamo tornati a progettare opere pubbliche, abbiamo gettato le basi per una mobilità alternativa e sostenibile, iniziamo a vedere tracce di diversificazione economica, la cultura è tornata a dare opportunità diffuse, i giovani restano qui con crescente fiducia e trovando nuovi percorsi di formazione e professionalizzazione. Non abbiamo tralasciato nulla e continueremo a percorrere incessantemente e strenuamente queste strade».
Taranto è una città splendida vessata dal peso della presenza industriale.
«Nessun altro ha affrontato come noi la questione: un’ordinanza di chiusura delle fonti inquinanti, la richiesta reiterata di un accordo di programma, il cardine della valutazione preventiva del danno sanitario, tutti i provvedimenti a supporto del ciclo delle bonifiche, la costante interlocuzione con Governo e Regione per spingere in tempi accettabili su di una reale e radicale decarbonizzazione, come chiede da sempre Michele Emiliano. Continueremo a presidiare questo scenario, lo dobbiamo ai cittadini. E abbiamo il dovere di guardare al futuro. Ecco perché abbiamo lanciato il piano locale per la transizione giusta Ecosistema Taranto, dove c’è tutto quel che vorremmo fosse Taranto nei prossimi anni, definitivamente emancipata nella pratica quotidiana e nell’immagine generale dalla monocultura siderurgica».
A proposito del governatore, il tavolo alternativo a lei, formato dal centro destra e dal Patto per Taranto, chiede massima autonomia da Emiliano e dai baresi. L’accusano di essere emanazione del presidente della Regione, di dipendere da lui per ogni decisione. Cosa risponde?
«Mi viene da sorridere, perché questi personaggi sono gli stessi che mi accusano di decidere tutto da solo, di essere un tiranno. Non sono coerenti e lucidi nemmeno nelle offese. Ma tornando seri, voglio dire una cosa con estrema chiarezza: solo chi non ha mai realizzato politicamente nulla, solo chi ha occupato poltrone inutilmente, solo chi non ha mai amministrato può pensare che una città così grande e complessa sia una monade isolata, che vive e produce ricchezza per la propria comunità in solitudine senza creare la corretta e duratura filiera con il governo nazionale, regionale ed europeo. In questi 4 anni e mezzo abbiamo lavorato duro, ma nulla avremmo potuto fare senza la collaborazione e il sostegno di europarlamentari, del presidente della Regione Puglia, dei funzionari, dirigenti e assessori regionali, senza i parlamentari, senza i vertici nazionali dei partiti di riferimento, senza il personale ministeriale, senza i ministri. È un concetto che condividevamo spesso con i colleghi sindaci. Non solo con gli amici più cari e prossimi come Antonio Decaro, Carlo Salvemini e Riccardo Rossi, ma con tutti quelli che ho avuto il privilegio di conoscere e incontrare in questi anni».
Come era invece il suo rapporto con Giovanni Gugliotti, presidente della Provincia di Taranto, sindaco di Castellaneta e protagonista di primo piano del tavolo composto da Patto per Taranto e centro destra alternativo a lei?
«L’ho conosciuto nel 2018 in occasione delle elezioni provinciali che lo hanno eletto presidente della Provincia, appunto. Inizialmente i rapporti erano prettamente istituzionali, poi abbiamo cominciato a collaborare più da vicino, abbiamo allestito iniziative insieme e condotto tavoli delicatissimi in sintonia. Era molto prodigo di complimenti nei miei confronti e di come amministravo. Avrà improvvisamente cambiato idea. Gli faccio i miei auguri per il suo futuro politico».
Proiettiamoci al 2026, l’anno dei XX Giochi del Mediterraneo. Come sarà Taranto?
«Staremo per organizzare la cerimonia di apertura dei Giochi, in città ci sposteremo sulle BRT, la metropolitana elettrica di superficie, Palazzo Archita sarà la sede dello storico liceo e insieme al MarTa il centro culturale del Borgo, mentre Città Vecchia sarà pedonalizzata e piena di palazzi restaurati. Nel quartiere Salinella avremo un grande parco dedicato allo sport, con uno stadio tutto nuovo, e a Paolo VI e Tamburi interi immobili e spazi urbani recuperati dal degrado. Nelle Tre Terre avremo completato la rete dei servizi essenziali. La città sarà circondata da decine di migliaia di alberi e avremo recuperato il rapporto con il mare grazie a idrovie e waterfront. Qualcuno potrebbe dire che questo è un sogno irrealizzabile… Quel qualcuno dovrebbe aprire gli occhi e riconoscere che quel sogno lo stiamo già realizzando, passo dopo passo».

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