Ieri vertice tra il ministro delle Imprese Adolfo Urso e le aziende dell’indotto ex Ilva. Da quanto trapelato, Urso ha cercato di rassicurare le aziende spiegando che, nonostante la produzione dimezzata per i prossimi 7-8 mesi, la trattativa con Baku Steel non è arenata. Anzi, «è a un punto cruciale ed è necessario che tutti facciano la propria parte con responsabilità», ha detto, appellandosi a tutte le parti, enti locali e rappresentanze sociali, perché si crei il clima migliore per la conclusione della trattativa. Urso ha ricordato le fasi del commissariamento di Acciaierie d’Italia, con le scorte di magazzino che «bastavano appena per quattro giorni. Lo stabilimento era al collasso». La produzione, ha confermato il ministro, cala da 4 a 2 milioni di tonnellate di acciaio annue, con un solo altoforno, il 4, in funzione (il numero 1 è sotto sequestro senza facoltà d’uso per il maxi incendio del 7 maggio e il 2 non verrà riavviato prima di 4-5 mesi). «Supereremo anche questo ostacolo imprevisto. E non vi lasceremo soli, come vi abbiamo ampiamente dimostrato nei mesi scorsi», ha concluso Urso.
Le aziende locali
Alle aziende che lavorano per l’ex Ilva, Urso ha promesso che «pur in un contesto di attività produttiva ridotta, l’indotto manterrà un ruolo centrale per le attività manutentive e per il rilancio di Taranto, contribuendo all’esecuzione degli interventi necessari ad abilitare il rialzo dei livelli produttivi e il ripristino degli impianti». Non tutto l’indotto sarà colpito dalla riduzione della produzione. «Per agire con equità ed efficacia, istituiremo un gruppo tecnico insieme ai commissari, con l’obiettivo di distinguere tra le imprese che hanno subito danni effettivi e quelle che non ne hanno risentito. Solo così potremo garantire ristori adeguati, basati su dati oggettivi, anziché su stime approssimative. Il Governo c’è e sono certo che anche la Regione farà la sua parte», ha detto Urso.
L’ipotesi acciaio di Stato
Urso continua ad essere ottimista e pensa di chiudere la trattativa con gli azeri di Baku entro luglio, ma nel governo c’è chi, come il vicepremier Matteo Salvini, è favorevole all’idea di nazionalizzazione, più volte proposta dalla maggior parte dei sindacati e delle forze di opposizione. «Se non ci fosse un privato con un piano credibile, è giusto che lo Stato faccia lo Stato».