Crisi di governo, cosa rischia ora di perdere la Puglia

La caduta del governo Draghi potrebbe costare molto caro alla Puglia in termini di progetti ed investimenti in corso, ma in attesa di firme ministeriali, soldi e autorizzazioni. Dossier imponenti legati al piano nazionale di resilienza con miliardi di euro in ballo, cantieri e posti di lavoro. La sanità è il settore più a rischio con una serie di fascicoli fondamentali per ridisegnare il malconcio sistema sanitario pugliese. A partire dal nuovo ospedale San Cataldo di Taranto in fase di completamento, ma con un buco nel finanziamento iniziale da 106 milioni di euro per arredi e macchinari, oggetto proprio in queste settimane di una febbrile trattativa sull’asse Regione Puglia-Palazzo Chigi. Non è da meno il pacchetto di fondi dedicato al piano per la medicina territoriale da 650 milioni di euro richiesti al Pnrr. Un’operazione strategica per rafforzare la medicina personalizzata con strutture ospedaliere ad hoc ed il potenziamento del sistema di emergenza e urgenza. Il piano, ora fortemente a rischio per i tempi brevi –le opere vanno ultimate nel 2026 e gli aggiustamenti in corsa- prevede 262 milioni di euro per costruire nelle Asl ospedali e case di comunità e centrali operative territoriali. L’altro pilastro da ben 372 milioni prevede la digitalizzazione dei Dea nei medi e grandi ospedali, l’adeguamento antisismico delle strutture e l’acquisto di grandi apparecchiature di diagnostica (94 milioni totali) per sostituire le attrezzature più vecchie di cinque anni. Sulla graticola anche le 120 case di comunità – dove si dovevano svolgere h12 prestazioni specialistiche multidisciplinari così come le 40 centrali operative territoriali che dovrebbero funzionare come una sorta di 118. A proposito di 118 salta anche la possibilità di chiedere finanziamenti straordinari per assumere il personale medico.

AGRICOLTURA

Sulla graticola finisce anche il piano straordinario di interventi per l’agricoltura in attesa del via libera del governo Draghi sui progetti da avviare. Un mega investimento in cantiere da oltre 1,2 miliardi di euro per risanare acquedotti rurali e sistemi di irrigazione, ma anche interventi di bonifica dei canali e per la costruzione di impianti di affinamento proposti a Roma dall’assessorato all’agricoltura, da Acquedotto Pugliese e da Arif, l’agenzia regionale dei forestali. Nell’elenco, ora congelato, ci sono risorse per ottimizzare l’uso dell’acqua, tagliando sprechi e potenziando la distribuzione in campagne e nelle zone antropizzate soprattutto in favore delle strutture turistiche. Fra le priorità la riattivazione della diga Pappadai abbandonata e piena di acqua che potrebbe rifornire il nord Salento. E poi il blocco del prelievo da 100 milioni di metri cubi d’acqua da parte dell’ex Ilva di Taranto che grazie agli interventi programmati avrebbe ricevuto acqua affinata liberandola per uso potabile.

IDROGENO ED ALTRI PROGETTI

A rischio anche il progetto bandiera dell’Hydrogen Valley per la decarbonizzazione di Taranto. Una transizione verso l’idrogeno che avrebbe consentito alla regione Puglia di partecipare ai bandi del Pnrr da ben 3,6 miliardi di euro per costruire la filiera dell’idrogeno con enormi ricadute attese fino al 2050 con investimenti complessivi stimati per 40 miliardi di euro e la creazione di mezzo milione di posti di lavoro. Infine il ripescaggio di alcuni dei 167 progetti iniziali da 18 miliardi di euro assegnati e poi ritirati dalle competenze regionali fra cui spicca la realizzazione dell’autostrada Bari-Lecce.

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