Mai porsi dei limiti. Non è mai troppo tardi (o quasi). Un lavoro non è mai per sempre (a volte sì). Curiosità, conoscenza ed esperienza, unite da un pizzico di pazienza, costituiscono le fondamenta perfette di chi sceglie di vivere la propria vita, per davvero. È accaduto questo a Francesca Elisabetta Ungolo e Nicola Recchia a Mola di Bari con la startup Bloodylicious, nata nel 2018 grazie ad un finanziamento della Regione Puglia nell’ambito dell’Avviso Pubblico “Pin – Pugliesi Innovativi”. La loro arte del saper fare si è trasformata in un unico grande progetto: dare una seconda e nuova vita agli scarti tessili provenienti dalla lavorazione di laboratori e aziende della Puglia.
Nell’avventura di Bloodylicious non è da sola, c’è anche Nicola Recchia. Quando avete deciso di unirvi per dar vita al brand?
«Io e Nicola siamo una coppia nella vita e il nostro rapporto è basato sulla condivisione di idee. Tanti anni fa, all’incirca dieci, quando Bloodylicious era in fase embrionale, Nicola decise di investire una piccola somma per produrre le prime t-shirt. Posso affermare, senza alcun dubbio, che è stato lui il primo a credere nella mia idea e a Bloodylicious come progetto sostenibile e imprenditoriale».
Di cosa vi occupavate prima?
«Nicola era ed è un cuoco. Si occupa di ristorazione da più di vent’anni e lavora principalmente al Nord, nel Trentino Alto Adige. Io, invece, mi occupavo di comunicazione pubblicitaria».
Come ha accolto Mola di Bari la vostra idea?
«All’inizio abbiamo notato un po’ di scetticismo, perché il nostro LAB rappresenta un’anomalia nel sistema paese. Pian piano, dialogando e confrontandoci con i molesi, la nostra mission è stata compresa».
Perché avete puntato proprio sul mondo del tessile?
«Bloodylicious nasce principalmente per sensibilizzare l’utenza verso scelte sostenibili. Nasce, dunque, per essere una proposta di riciclo del rifiuto tessile e per ridurre l’impatto ambientale dell’industria della moda che, ad oggi, è la seconda causa di inquinamento mondiale. Tutto ha avuto inizio nel 2010 quando casualmente abbiamo scoperto che Greenpeace stava conducendo una campagna denominata “Detox”, nella quale si denunciava la presenza di sostanze nocive all’interno dei capi di abbigliamento».
È cambiato il vostro modo di lavorare nel corso degli anni? Avete implementato o modificato qualcosa nel vostro operato?
«Non è cambiato il modo di lavorare, ma poco alla volta abbiamo ampliato l’offerta. Prima ci occupavamo principalmente di scarti di lavorazione e tessuti di giacenza. Adesso abbiamo affiancato a questo anche tessuti sostenibili certificati (Gots, Oeko Tex, Fair Wear Fountation). Oltre alle toppe – marchio di fabbrica per Bloodylicious, che vengono applicate su vestiti o t-shirt –, adesso produciamo anche capi di abbigliamento e accessori».
Siete eco-friendly anche nella quotidianità della vostra vita privata?
«Certamente! Bloodylicious nasce anche grazie al nostro stile di vita. Cerchiamo di comprare prodotti a km zero con imballi di cartone, ma anche di limitare l’uso della plastica e dell’auto il più possibile. Cerchiamo di mirare ad un 100% sostenibile, anche se non è sempre semplice».
Esiste un momento della vostra giornata lavorativa che più vi piace?
«Amiamo fare nuovi prototipi. Quando pensiamo ad un nuovo prodotto e riusciamo, poi, a realizzarlo, a dargli una vita vera, ci sentiamo davvero soddisfatti. È quello il momento migliore».
Vi siete mai pentiti delle vostre scelte?
«Chi non, fa non sbaglia. Magari, se potessimo tornare indietro sicuramente miglioreremmo alcune scelte, ma se non le avessimo compiute non avremmo capito tante cose. Il nostro è un lavoro stimolante, che ogni giorno ci regala nuove sfide e nuovi tessuti da trasformare».
C’è qualcosa che non le ho chiesto, ma che vorrebbe raccontare?
«In questi anni abbiamo creato una bellissima rete di partner. Si tratta di aziende che ci donano i loro scarti tessili e così facendo hanno notevolmente ridotto il loro impatto ambientale. Inoltre, ci sono varie attività che scelgono i nostri gadget per promuovere il proprio lavoro. Questo è accaduto ad esempio con il Teatro Pubblico Pugliese, che ci ha commissionato la realizzazione di una serie di portachiavi».
I consumatori degli ultimi anni sono diventati sempre più attenti alle tematiche legate alla sostenibilità ambientale e sono dunque più consapevoli ed esigenti. Sono sempre più alla ricerca di una moda eco-friendly la cui produzione non contribuisca al deterioramento della vita del pianeta.