Mentre col Novenario sono iniziati, a Gallipoli, i preparativi per i solenni festeggiamenti da tributare il 5 febbraio in onore di Sant’Agata (compatrona assieme a San Gregorio Armeno della diocesi di Nardò-Gallipoli) a cui è dedicata la basilica cattedrale c’è chi, come il poeta gallipolino Carmelo Scorrano, non ha ancora dimenticato l’onta subita dai suoi avi nel 1398, del trafugamento cioè, per mano di un nobile di Galatina, della teca contenente la reliquia della santa e, presa carta e penna, ha scritto al santo padre, al vescovo della diocesi di Nardò-Gallipoli Fernando Filograna e all’arcivescovo di Otranto, sotto la cui giurisdizione ricade Galatina, monsignor Donato Negro.
«Con questa lettera sono ben dieci anni che scrivo a Lei Santità – stigmatizza Scorrano – per rivendicare il furto subito dai gallipolini. Il 5 febbraio di ogni anno, la Teca, (contornata da otto statuine che rappresentano i bastioni della città) donata dal popolo di Gallipoli a custodia della preziosa reliquia, resta rinchiusa nel cenobio di Santa Caterina d’Alessandria, mentre il popolo gallipolino, che quel giorno festeggia solennemente la santa, viene privato della sua reliquia. Santità, non mi dilungo ancora: convinto di interpretare il pensiero di tutti i gallipolini, Le chiedo di ricucire la ferita, facendo restituire ai gallipolini la reliquia», conclude.
Una sola volta, era il 5 febbraio 1996, quella reliquia ha fatto ritorno a Gallipoli, grazie all’intervento di monsignor Vittorio Fusco, e solo per quell’occasione.
Tornando ai festeggiamenti, che culminano il 5 febbraio col Pontificale (alle 18,30) presieduto dal cardinale Dominique Mamberti, prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, con la tradizionale lettura del Vangelo in lingua greca (a cura del sacerdote di rito greco-bizantino Papas Nik Pace, parroco di San Nicola di Mira, a Lecce), nel solco dell’antichissimo rito greco-ortodosso, professato originariamente in città.
La celebrazione liturgica si concluderà poi con la processione all’interno della cattedrale, lungo le navate laterali del duomo, dei due busti argentei (quello della santa portato a spalla da preti rigorosamente gallipolini) e col canto finale dell’antichissimo responsorio in latino “Stans Beata Agatha” all’altare della santa, sul quale si staglia l’antica tela del pittore gallipolino Giovanni Andrea Coppola. E, come ogni festa che si rispetti, a tavola non potrà mancare il dolce dell’occasione che (quasi a evocare la mutilazione subita dalla santa) è rappresentato dalla bocca di dama, la tradizionale pasta alla crema ricoperta con glassa di zucchero e con sopra una ciliegia candita.
Quest’anno non mancano le novità proposte dai giovani della parrocchia (parroco Piero De Santis), che nei giorni 2, 4 e 5 febbraio venderanno le Olivette di Sant’Agata, il dolce catanese tipico della festività. Il titolo di patrona di Gallipoli, Sant’Agata lo condivide con l’altro martire San Sebastiano (quest’ultimo già festeggiato il 20 gennaio scorso. La pietà popolare li ha voluti da sempre compartecipi dei festeggiamenti: nelle rispettive cerimonie liturgiche e nelle processioni, dove (salvo per questi ultimi due anni di pandemia) i loro busti argentei fanno infatti, in entrambe le occasioni, fatto il giro della città-isola.
Verso Sant’Agata vi è però una devozione maggiore, forse per via di un evento prodigioso, e cioè il rinvenimento su una spiaggia gallipolina di una mammella della Santa martirizzata a Catania dal proconsole Quinziano. L’8 agosto 1126 -secondo tradizione – la santa apparve in sogno a una lavandaia, appisolata lungo la spiaggia della “Purità” con accanto il proprio figlioletto: destatasi, si accorse che lo stesso stringeva tra le labbra proprio la mammella della santa. Se avvolte di mistero, forse, sono ancora oggi le modalità del rinvenimento, non altrettanto avvenne però per il trafugamento della reliquia custodita in cattedrale, che, nel XIV secolo, con un abile pretesto del conte Raimondello Orsini del Balzo, fu traslata a Galatina, dov’è tuttora custodita nel monastero di Santa Caterina d’Alessandria.